sabato 31 dicembre 2011

venerdì 23 dicembre 2011

I Fiori di Kama - L'Ardore



Per mia esperienza diretta posso dire di sperimentare che esiste una "forza", un "fuoco", all'origine di tutto ciò che viene all'esistenza.

Questo Fuoco, a livello universale (che poi include ogni minimo processo subatomico) scaturisce dalla "frizione" generata dal "desiderio creativo" di una vasta volontà "universale" (difficilmente percepibile da noi, se non nei suoi effetti) sulla "sostanza madre" primordiale.

La Volontà "originale" si ripercuote, come un'eco, nei nostri gesti quotidiani, così come in ogni processo istintivo e naturale. Solo che noi ne siamo inconsapevoli.

Comunque, a ben osservare, dobbiamo ammettere che questo "fuoco" è il fondamento stesso della vita, dei processi vitali biologici, di ogni pensiero. di ogni azione, di ogni desiderio...di ogni sacrificio (inteso come Sacro Ufficio).

Questo "fuoco", nei Veda, era definito Tapas, Ardore o Aspirazione Ardente. E si dice che Prajapati stesso (Colui da cui secondo i Veda tutto è stato creato, il Supremo Sé) abbia risvegliato in Sé l'Ardore, per ottemperare al suo "Sacrificio" della Creazione (Sacrificio ancora in atto).

Perciò, che ne siamo consapevoli o meno, l'Ardore pervade ogni processo vitale.

Tutto l'Universo è pervaso di ardore. E ogni azione, ogni processo, è un sacrificio (non nel senso negativo che gli è stato dato posteriormente, ma nel senso di "offerta" sacrificale, Sacro Ufficio).

Da questo punto di osservazione ogni nostra azione assume un carattere "sacro" (soprattutto se svolta con la giusta consapevolezza, col desiderio di "donare" e col desiderio di perfezionarsi).

Perciò, a mio modesto parere, per un buon andamento della società dovremmo essere animati da un desiderio di "offerta" di ogni nostra azione agli altri (o a "qualcosa" di più grande che ci contiene).

Ma è indispensabile imparare a rispettare l'altrui modo di "sacrificare", senza entrare in "collisione" con chi è diverso da noi. Armonia.

Ecco che allora anche il mangiare, il fare l'amore...lavorare, diventano azioni animate dall'Ardore, e allo stesso tempo "azioni sacrificali" che ognuno di noi dona, offre, a modo suo, come contributo all'andamento della vita sociale e universale.

Dopo questa mia scarna presentazione vi passo le pagine che seguiranno, che sono tratte da "L'Ardore", di Roberto Calasso, uno studio sui Veda (soprattutto il Rg Veda) e sui loro compendi: i Purana, i Brahmana e le Upanishad (a volte confrontati ad altre tradizioni occidentali). Un tentativo di capire il "perché" dell'ossessione dell'antica civiltà vedica per il ritualismo, il sacrificio, e delle connessioni tra i loro atti e lo sviluppo della prosperità, non solo del contesto sociale in cui erano inseriti, ma, addirittura, anche degli dèi e dell'intero universo. Per non parlare della ricerca del Piacere, della Verità e dell'immortalità.



Dal risvolto di copertina:

Qualcosa di immensamente remoto dall'oggi apparve più di tremila anni fa nell'India del Nord: il Veda, un "sapere" che comprendeva in sé tutto, dai granelli di sabbia sino ai confini dell'universo...

...Gli uomini vedici prestavano un'attenzione adamantina alla mente che li reggeva, mai disgiungibile da quell'Ardore da cui ritenevano si fosse sviluppato il mondo...

Una paginetta dal libro:

...L'attività da cui dipende e discende l'intera creazione è soltanto mentale. Ma di una specie che subito manifesta l'efficacia della mente su ciò che le è esterno.
E le propaggini dell'esterno sono, per la mente, l'interno del proprio corpo. Così si produce una combustione invisibile, un tepore progressivo, fino all'ardore che consegue all'operare della mente. E' il Tapas, ben noto agli sciamani siberiani, ignorato o clandestino nel pensiero occidentale.

...Ciò che agisce sul mondo, ciò che lo investe, è il Tapas, l'ardore interno alla mente. Senza di esso ogni gesto, ogni parola sono inerti. Il Tapas è la vampa che occultamente o in modo manifesto percorre il tutto.

Il sacrificio è l'occasione perché si incontrino e si congiungano quelle due modalità dell'ardore, visibile nel fuoco, invisibile nell'officiante.

Questa la massima approssimazione concessa, se si vuole nominare il dato più elusivo e inevitabile: la sensazione di essere vivi. Che ridotta alla sua essenza propriocettiva e termodinamica, è sensazione di qualcosa che sta bruciando, qualcosa che arde su un fuoco lento e costante.

...Perciò il sacrificio, in quanto atto del bruciare qualcosa, dovette apparire coma la più "precisa equivalenza" visibile di quello stato che è il fondamento della vita stessa.

L'ARDORE, ROBERTO CALASSO, ADELPHI EDIZIONI

martedì 13 dicembre 2011

Sachiko Kodama e le sue Sculture liquide

Decisamente suggestive queste "sculture liquide" dell'artista giapponese Sachiko Kodama.

Gli elementi utilizzati sono un liquido (detto ferrofluido) composto da nanoparticelle ferromagnetiche sospese in un solvente sintetico.

Il ferrofluido è attratto dai due magneti (in cui sono state incise delle spirali) e - grazie a un gioco di corrente alternata e ad una musica sincronizzata ai movimenti - si è avuta questa suggestiva performance.

Tutto un gioco di elettromagnetismo, insomma, più un pizzico di creatività umana.




mercoledì 7 dicembre 2011

Immobilità: l'Arte di aprirsi un varco verso la libertà!



Le tecniche di meditazione sono dei "metodi scientifici" utilizzati sin dall'antichità per liberarsi dall'ignoranza sulla "vera" natura della realtà (quindi anche di se stessi).

Molto importanti in tutte le tecniche meditative sono: l'allenamento della capacità di "osservare stando a lato" (senza identificarsi nei fenomeni osservati), e quello di conquistare l'immobilità fisica e mentale.

Qui parleremo solo dell'importanza di sperimentare regolarmente (all'interno della giornata) momenti di immobilità fisica, e del perché questa "pratica quotidiana" è così importante per "aprirsi un varco verso la libertà".

E quindi iniziamo con una dissacrante affermazione: l'essere umano non è libero!

Vediamo perché.

Se osserviamo attentamente tutto ciò che ci circonda (compreso noi stessi) vedremo che tutto, ma proprio tutto, è in costante movimento (ormai sappiamo che anche nella pietra e nei minerali vi è un continuo "brulicare" di fenomeni atomici e subatomici.

Insomma: nulla è immobile.

Ma cosa muove tutte le cose?

E, soprattutto: "ogni singola cosa si muove per sua spontanea decisione e volontà o è piuttosto mossa da Leggi in cui è contenuta?"

Lasciando da parte un'analisi approfondita del "cosa" muove tutte le cose, dobbiamo comunque ammettere che vi è "qualcosa" che causa il movimento e la trasformazione di tutti gli aggregati atomici.

Insomma: vi sono delle "forze" che fanno sì che una mela non resti mai "fresca", e che piano piano si deteriori.

Tutto si trasforma e cambia di stato, volendo o nolendo. Persino il volto della Sfinge, roso dai venti, si sta lentamente consumando.

Le stesse "forze" che causano il cambiamento sono anche all'origine del "movimento".

Perciò possiamo benissimo affermare che viviamo in un gigantesco "vortice" che muove galassie, stelle, pianeti, forme viventi e minuscoli atomi.

In poche parole tutto è mosso da stimoli esterni (o mentali: i condizionamenti acquisiti con le consuetudini, l'educazione, l'imitazione, eccetera...).

Parrà offensivo o dissacrante, ma "noi siamo polvere mossa dal vento".

Dov'è la libertà in tutto questo?

Vi è libera scelta in questo vorticare (sia a livello fisico che sociale)?

Nessuna!

Da questa comprensione nasce (in qualcuno-a) il desiderio di indagare più a fondo in questa faccenda, per scoprire se esiste una "via di fuga".

Gli "strumenti" - come già detto - esistono: sono l'Osservazione e lo sperimentare periodi più o meno lunghi di immobilità fisica e mentale.

L'utilità dell'Osservazione è forse più comprensibile. Tutti i capolavori dell'Arte e della Scienza sono nati anche grazie ad una spiccata capacità di osservazione.

Ma pure l'immobilità ha giocato la sua parte, nell'Arte e nella Scienza. Molti artisti e scienziati hanno testimoniato che molte delle loro ispirazioni sono avvenute proprio nei momenti di "sospensione" dagli sforzi fisici e intellettivi.

Vi è "qualcosa" di forte e pregnante nell'immobilità.

Dalla "frizione" che nasce dall'opporsi volontariamente alle "leggi che muovono tutte le cose" possono scaturire "lampi" di comprensione profonda delle medesime leggi, e del nostro "ruolo" all'interno delle medesime.

Contemporaneamente si coltiva una capacità indispensabile ad ogni "ricercatore": l'Arte di resistere mantenendosi focalizzati sull'obiettivo.

Inutile anticipare altro...chi praticherà scoprirà!


giovedì 1 dicembre 2011

Racconti dei saggi Samurai



Un libro veramente ben fatto, rilegato in modo elegante e pieno di immagini artistiche giapponesi.

Naturalmente anche il contenuto è all'altezza della veste tipografica.

In pratica vi sono molti racconti di samurai, ronin, ninja, cortigiane e nobili signori dell'epoca storica del Giappone che fu, ognuno intessuto attorno a una morale cavalleresca nipponica.
Un bello spaccato del Giappone feudale.

LA PROVA DEL CAVALLO

Un maestro di sciabola voleva scegliersi un successore che dirigesse la sua scuola. Convocò i tre migliori allievi davanti a un recinto dov'era rinchiuso un giovane stallone.
Il purosangue non era stato domato e se qualcuno gli si avvicinava dava segni di grande nervosismo.

Il sensei dichiarò: - Ecco la prova che vi propongo per controllare a che livello siete: entrerete uno dopo l'altro nel recinto e non ne uscirete che dopo aver girato attorno al cavallo. -

Appena il primo discepolo penetrò nello stretto serraglio, lo stallone selvaggio si impennò, e iniziò a far balzi e a sferrar calci. Saltellando da un piede all'altro, simulando mosse per ingannare l'animale, schivandone gli attacchi con velocità sorprendente, con una precisione e un senso del ritmo mirabili, il samurai evitò ogni colpo di zoccolo e uscì dal recinto senza la minima scalfitura. Fu come una danza accordata sull'energia dell'animale.

Il secondo discepolo mise in opera una tattica molto diversa. Con le mani in avanti come se tenesse una sciabola immaginaria, intensamente concentrato, simulò un attacco lanciando un grido che proveniva dalle profondità del suo essere. Spiazzato, il cavallo fece uno scarto e gli lasciò via libera. Arrivato dall'altra parte del recinto il samurai ripeté la manovra, e il purosangue, visibilmente intimidito, fu di nuovo interrotto nel suo slancio e liberò il passaggio.

Quanto al terzo discepolo, dette prova di un'assenza di tensione incredibile. Avanzò con grande calma, come se fluttuasse sul suolo, mentre un sorriso interiore gli illuminava il volto. Il cavallo non fece nessun passo falso, non ebbe la minima reazione, apparentemente indifferente alla presenza dell'uomo.

Il maestro si rivolse ai due primi discepoli: - Avete dimostrato di aver raggiunto un altissimo livello nell'arte della sciabola. L'uno, con atteggiamento yin, ha dato prova di un'eccellente scienza nel sottrarsi ai colpi. La sua vigilanza era senza fallo, non si è mai lasciato sorprendere e ha sposato il movimento dell'avversario.
L'altro, con un'approccio yang, è riuscito, grazie al suo kiai, a spiazzare il cavallo. Proiettando la sua energia interna lo ha dominato. -

Poi, rivolgendosi al terzo discepolo, il sensei gli disse: - Quanto a te eri nello stato di Mushin, del Non-Spirito. La tua anima era calma e trasparente come l'acqua di un lago che nessun soffio di vento agita. Non era turbata da alcuna ombra. Nessuna paura, nessuna intenzione veniva ad offuscarla. Un animale è particolarmente sensibile alle emanazioni. Il cavallo si è sentito in confidenza e si è calmato. Tu eri in perfetta armonia con lui. Non c'era più nessun dualismo, non c'era più né l'io né il nemico. -

E il maestro gli consegnò il menkyo kaiden, il certificato della trasmissione suprema dei segreti della sua scuola.

Racconti dei saggi Samurai, Pascal Fauliot, L'Ippocampo Edizioni

giovedì 24 novembre 2011

Meditazione - Il potere del silenzio


Tutte le tecniche "interne" dello Yoga servono a stabilire uno stato di silenzio interiore.

A partire dal silenzio si può accedere a stati di concentrazione e meditativi, più o meno profondi.

Ma perché stabilire (o ristabilire) il silenzio mentale?

Per comprendere l'immenso "potere" del silenzio è necessario rendersi prima conto del potere che le parole e i pensieri esercitano su di noi. E di quanto ognuno di noi ne sia (consapevolmente o meno) soggetto.

I nostri pensieri hanno una influenza straordinaria sui nostri stati d'animo e sulla "visione" della vita e di noi stessi. Basta una sola parola (o un pensiero) per scatenare nella nostra mente tutta una serie di associazioni mnemoniche.

Queste associazioni di parole e idee sono sempre attive meccanicamente nel nostro pensiero, e generano un vero e proprio vortice che ci trascina in basso o in alto, secondo la colorazione che prendono i pensieri.

E basta una sola parola o un solo pensiero per rovinarci letteralmente la giornata.

Se, per esempio, sin da bambini in famiglia siamo stati trattati con sufficienza, venendo considerati alla stregua di idioti, basterà un "tu non capisci niente" per scatenare in noi una immediata reazione. Reazione che può essere di abbattimento, sconforto, sfiducia in noi stessi, o di rabbia e ribellione.

Le parole hanno veramente una influenza enorme su di noi.

Con le parole veniamo indotti a credere in qualcosa piuttosto che in altre.

Con le parole veniamo convinti ad acquistare un prodotto piuttosto che un'altro.

Con le parole veniamo sedotti, abbindolati, glorificati, vilipesi, offesi....

Ciò che occorre capire è che le parole sono solo simboli che rappresentano la realtà, non sono la realtà, non sono l'esperienza diretta.

Le parole sono solo parole.

E il loro "peso specifico" dipende dall'importanza che noi gli diamo.

Siamo noi che diamo importanza e significato alle parole.

Se ne fossimo consapevoli il "potere" della parola tornerebbe a nostro vantaggio.

Ma meno ne siamo consapevoli più le parole, imprimendosi nella nostra mente, generano associazioni a non finire, creando conseguenti stati d'animo che, belli o brutti che siano, sono comunque sempre illusori.

Insomma, una volta capito l'enorme potere che le parole e i pensieri esercitano su di noi diventa più facile capire il "potere dell'antitodo" al chiacchiericcio mentale: il silenzio.

Ecco che, una volta capita l'importanza di assorbirsi in "spazi" di silenzio interiore, può finalmente farsi strada, dentro di noi, la comprensione del perché delle tecniche meditative.

Da questo punto di vista potremmo dire che la Meditazione inizia col "fare pulizia" dalle sovrastrutture verbali.

Allora, una volta assaporata la pace e la chiarezza di visione conferite dal silenzio, si arriva finalmente a comprendere che il silenzio vi è sempre stato come sottofondo- esattamente come il fondo scuro della pagina sulla quale sto scrivendo ora - solo che era coperto da tale e tanto rumore, e da tali e tante distrazioni, da sembrare inesistente o, peggio ancora, inutile.

Con conseguenze disastrose sulla nostra psiche.

Perché, allora, non imparare ad usare il "potere del silenzio"?

martedì 22 novembre 2011

Non ci resta che ridere



Quello che stiamo vivendo noi, uomini e donne del XXI secolo, è veramente incredibile, ma paradossale.

Parlo dal punto di vista economico, scientifico, culturale...

E' incredibile in quanto non s'è mai vista (a memoria storica) tanta, ma tanta abbondanza di tutto.

Sembra che il nostro pianeta stia letteralmente scoppiando.

Comportandosi come una cornucopia gigantesca non c'è limite a quello che la Terra ci sta "regalando" (anche se forse qualcosa gliela stiamo trafugando illecitamente e senza alcuna vera utilità per noi).

Certo, ci stiamo mettendo i nostri sforzi e il sapere acquisito, ma senza la "materia" di base ce la potremmo solo sognare tutta questa abbondanza.

Qualcuno dirà: - Abbondanza? E de ché? -

Già. E qui sta il paradosso: abbiamo tutto ma ci sentiamo ancora poveri e miseri.
Siamo sempre in "crisi economica".

Personalmente conosco gente ricca (ma ricca) che è sempre a stretto di soldi.

Se solo guardiamo all'uomo del Medio Evo, e buttiamo un'occhiata nella sua casa e nella sua "azienda" vedremmo quasi il nulla assoluto rispetto a tutto quello che abbiamo noi. Loro sì che erano in crisi.

Mille anni fa in quasi tutte le case era difficile trovare qualcosa in più di un tavolo, alcune panche per sedere, un baule come guardaroba, niente cesso, qualche provvista alimentare (che a volte doveva bastare per tutto l'anno), niente elettricità, niente televisore, frigorifero, forno a microonde, cellulare, internet...

In città niente automobili, metrò, bar, discoteche, cinema, ferrovia, aerei...

Oggi noi abbiamo tutte queste cose. Eppure non sono utili a dare "colore" alla nostra vita grigia. Perché?

Anche dal punto di vista scientifico-culturale sembra che abbiamo fatto molti progressi.
Io dico: forse.

Oggi pensiamo di sapere. Sappiamo infatti quanti sono i satelliti di Giove e ci siamo fatti un'idea di quante Galassie ci sono nell'Universo e quante Stelle vi sono in ogni Galassia (100 miliardi di galassie con ognuna 100 miliardi stelle).

Grazie all'informazione globale sappiamo in tempo reale cosa avviene in luoghi distanti migliaia di chilometri...ma non sappiamo cosa avviene nella nostra pancia durante la digestione.

Ancora non conosciamo noi stessi.

Se abbiamo un mal di testa non sappiamo spiegarci il perché. Idem se abbiamo un mal di pancia.

Figuriamoci poi riguardo alle malattie più serie. Si sta ancora cercando di capire perché alcune cellule impazziscono, procurando il cancro. E ogni tanto spunta fuori qualche nuova teoria "scientifica" che scopre l'acqua calda.

Ma la verità è (come la vedo io) che, così come per i beni di lusso e la scienza, anche della cultura non sappiamo bene che farcene.

Oggi sono disponibili testi antichissimi di grande conoscenza sull'uomo e le Leggi del Mondo, testi arabi, cinesi, indiani, rinascimentali....eppure siamo rimasti ignoranti come e più di prima, e non sappiamo ancora cos'è veramente il nostro respiro né da cosa nascono (e come curare) gli stati di ansia o la paura del vuoto.

Il paradosso, insomma, in tutto questo bailamme, è che pur avendo a disposizione ogni ben di dio ci manca la "chiave" di accesso a come utilizzarlo con giusta misura per ben-vivere.
E tornare a sorridere in pace.

Qualcuno sicuramente possiede il "segreto", la password che ci permetta l'accesso al "vero" piacere.

Il difficile è riconoscerlo tra i mille e mille che urlano ai quattro venti di esserne i depositari.

Forse guardandolo bene in faccia e osservando attentamente il suo comportamento. Senza il filtro della mente e dei suoi contenuti intellettuali.

Visione diretta.

Sentire diretto.

Ma neanche di questo siamo più capaci.

Perciò non ci resta che ridere di noi stessi.

Forse una sana risata liberatoria....


sabato 19 novembre 2011

Tantra - di David Parsons

Tratto dall'album Dorje Ling...una musica e dei mantra a dir poco suggestivi e profondi.
A qualcuno fa addirittura paura, perciò è ottima da ascoltare al buio (per i più coraggiosi).


venerdì 18 novembre 2011

Rivoluzione sociale? No, grazie!



Il nuovo Governo sta muovendo i primi passi che già si sentono rumori di protesta.

Il timore che questi uomini - tutti dei "tecnici"- facciano precipitare l'Italia ancor più verso il baratro è fortemente sentito da molti. Soprattutto dai sostenitori del "complotto" mondiale.

Che la tesi del complottismo sia vera o falsa è difficile dirlo. Ma a mio avviso una cosa si può dire: non è certo la rivoluzione con le pietre che può cambiare le sorti dell'Italia e del Mondo.

Sempre a mio avviso, s'intende, l'unica rivoluzione possibile (e utile) è la "rivoluzione interiore".

Svegliamoci!

Siamo noi che dobbiamo cambiare. Ognuno di noi, singolarmente.

E' facile puntare il dito verso gli altri. Più difficile fare una seria analisi del proprio comportamento sociale. Un comportamento a dir poco "passivo" (io, ad esempio, bevo solo acqua di fontana da diversi anni, cambio il telefonino proprio quando è necessario, anche dopo anni, eccetera eccetera...).

Perciò per "passivo" intendo chi asseconda l'andazzo politico-produttivo così come lo abbiamo conosciuto dagli anni del dopoguerra in poi.

Passivo, per me, è chi segue pari pari le direttive del "sistema" produttivo. Sistema indirizzato solo alla crescita del PIL, alla produzione massificata di prodotti di scarsa necessità (prodotti utili solo a perpetuare il fallimentare sistema capitalistico per l'utilità di pochi straricchi).

Sistema capitalistico che se ne frega dell'essere umano in quanto tale, perché secondo i codici di questo "sistema" sono più importanti i numeri...i profitti.

L'uomo e la !qualità" dei prodotti passano in secondo piano.

Ecco. Noi, in quanto fruitori dei "beni" di consumo, possiamo imparare a regolarci meglio, comprare solo il necessario, rispettare l'ambiente.

Autoprodurre.

Pretendere prodotti di qualità e "servizi" di qualità.

Perciò vi sono altri modi per "far sentire" la propria voce.

Cerchiamo l'Uomo Nuovo dentro di noi.

Rivoluzioniamo il nostro modo di essere.

E allora sicuramente anche chi ci governa comincerà a cambiare.

Se consideriamo che gli "uomini di potere" possono essere 100.000 in tutto il mondo: cosa possono fare centomila persone contro sei miliardi e mezzo di uomini e donne più oneste, sveglie e consapevoli?

martedì 15 novembre 2011

Film d'Autore - Pina

Personalmente non amo molto la Danza Classica o Moderna (senza nulla togliere a queste due meravigliose forme d'arte. I gusti sono gusti.

Ma questo film danzante e danzato, a mio avviso, va molto oltre la danza.

Qui vi è amore, passione, bellezza...espressione pura di sentimenti espressi col corpo.

Qui vi è la mano di Wim Wenders...

Qui vi è la rappresentazione scenica e cinematografica in 3D di quello che è stato lo "scopo" di esistere di Pina Bausch, ballerina, coreografa, regista, scenografa e...grande amante della vita e del suo "lavoro".

E qui c'è il "suo" corpo di ballo del Tanztheater. Uomini e donne eccezionali che molto hanno amato Pina.

Qui vi sono "elementi" scenici a dir poco di "grande impatto": rocce, terra, acqua, legno, montagne, fabbriche, treni...

Qui vi è Danza, Teatro, Cinema, Musica...Arte.

Un film, insomma, che non può sfuggire a chi ama l'arte, la poesia, la danza...la bellezza.


...e costumi belli e colorati in linea con la pièce di turno.

In ultima analisi Pina è un film che ti fa amare il piacere di "danzare" nella vita, non solo sul palcoscenico.



giovedì 10 novembre 2011

La pratica della Consapevolezza


E' molto difficile parlare della consapevolezza come pratica di vita (e nella vita).

E' difficile non perché manchino le parole, ma soprattutto perché, in genere, l'interlocutore (o il lettore) pensa di essere già consapevole.

Perché dunque - si chiede - questa assurdità della pratica della consapevolezza?

In parte (ma solo in parte) egli non ha tutti i torti. Ognuno di noi, nei vari momenti della giornata, è sicuramente consapevole di qualcosa.

Ma di cosa?

Ciò che chiamiamo "consapevolezza", mettiamo di un giorno di pioggia, non potrebbe essere invece la risultante "soggettiva" dell'incontro di "qualcosa" (in questo caso il reale fenomeno atmosferico) che sta avvenendo effettivamente + "qualcos'altro", depositato nella nostra mente, rappresentato dall'idea che ci siamo fatti della pioggia?

Quindi il grafico risultante, del tutto soggettivo (e illusorio), potrebbe essere questo:

pioggia reale+
idea della pioggia=
ciò che crediamo di percepire realmente.

In tutto questo processo, dov'è mai la "vera" pioggia?

Finché la mente non se ne starà zitta, senza interferire continuamente (e automaticamente), avremo sempre molta difficoltà nell'afferrare l'Attimo Fuggente.

Ma non finisce qui.

Se poi questa mattina ci siamo alzati col "piede storto" perché ci si è allagato il bagno, l'ultima cosa che vorremmo vedere è proprio l'acqua. Perciò vedremo una giornata di pioggia "colorata" dalle nostre emozioni "negative" nei confronti della pioggia.

A ben osservare tra noi e i fenomeni esterni c'è sempre il "filtro" della mente e di un emotivo condizionato da paure ed esperienze negative passate.

Ecco che, per accedere a istanti di consapevolezza pulita, nitida, si rivela necessario interrompere il continuo giudizio "a priori".

Liberarsi dal pre-concetto.

Allenandosi così a vivere in modo sempre fresco e nuovo la miriade di esperienze che la vita ci offre.

Sentire il caldo, il freddo, un raggio di sole, una goccia di pioggia, una carezza, un sorriso...come fosse la prima volta che lo sperimentiamo.

Anzi, ad essere più corretti: E' SEMPRE LA PRIMA VOLTA.

La pratica della Consapevolezza richiede pertanto costante "attenzione" e "presenza" a qualunque cosa si vive, in modo da limitare al minimo l'interferenza della mente, col suo carico del vecchio, del conosciuto, dell'ho già visto e sentito...

Per arrivare a "vedere" la continua ri-generazione dell'istante sempre nuovo e fresco occorre essere attenti a tutto ciò che si muove (e a Ciò che non si muove), fuori e dentro di noi.

Senza aspettative né chiusura.

E vivere il più possibile con "occhi freschi" questa magnifica avventura che è la nostra vita.

Vi sono molti metodi per far tacere la mente. Uno di questi è generare volontariamente delle situazioni nuove, interrompendo il flusso delle abitudini.

Ma occorre un lavoro di Scuola per questo...

martedì 8 novembre 2011

Perché meditare?



Praticare Meditazione non è difficile: basta sedere immobili, attenti...presenti, e lasciar "cadere" ogni sorta di identificazione.

Compresa quella del "meditante".

Essere semplicemente "testimone" di tutto ciò che accade, fuori e dentro.

Niente giudizio.

Niente attaccamento.

La mente tace...o se parla non le si presta attenzione.

Praticare Meditazione non è difficile....

Quel che è difficile è continuare a farlo giorno dopo giorno, anno dopo anno...in un crescendo di "abbandono" e di "apertura" a "ciò" che sta oltre il conosciuto.

Quel che è difficile è arrivare a "non praticare" più meditazione...ma "essere in meditazione". Sempre e ovunque.

E nonostante tutto continuare a sedersi per "meditare".

Ma senza più ossessione o ansietà di arrivare chissà dove.

Ancor più difficile è provare a spiegare ad un gruppo di persone interessate alla "meditazione" perché sedere e rimanere immobili, attenti, concentrati...presenti.

E' difficile perché ci si accorge che mancano i "fondamenti educativi" alla Meditazione.

Se il gruppo in questione ha "vero desiderio", pazienza, capacità di resistere e perseveranza (sia nel cercare di capire il perché meditare, sia nella pratica), allora si può fare.

Si può cominciare, ad esempio, con lo spiegare i motivi del perché si dice che "la Mente mente".

Perché la mente "nuda e cruda" non l'ha mai vista nessuno. Semplicemente si vedono i riflessi di luce e suoni che si specchiano nella mente. Generando nella coscienza individuale identificazioni e condiziona-menti.

Ecco quindi perché è così necessario (per chi aspira a divenire un "cercatore di Verità") andare "oltre" i contenuti della mente.

Sedere nell'immobilità e rendere la mente come uno "specchio" pulito.

O come una pellicola trasparente.

Sedere...e semplicemente "aprirsi" a Quello che sta "oltre" la mente.

Lasciandolo "filtrare" all'interno...e bagnarsi nella sua Luce.

E lasciare che sia...Ciò che da sempre è...

Ma, a quel punto, dov'è l'interno, e dove l'esterno?

E chi si bagna?

E in cosa?


domenica 6 novembre 2011

Buona domenica con David Hykes

Viene definito Canto Armonico, ed è antico come il mondo.
Il merito di questo grande interprete è di averlo diffuso in tutto il mondo.

A Torino in questi giorni (e fino ai primi di gennaio), dalle 18-00 fino a mezzanotte, nel cortile dell'Ateneo tra Via Po e Via Giuseppe Verdi, vi è un'installazione artistica molto suggestiva col sottofondo di Canti Armonici della Repubblica di Tuva.

Uno spettacolo (gratis) che vale la pena di vedere.

Buona domenica




giovedì 3 novembre 2011

Alcune pagine Zen


Di questo libro non posso dire né il titolo né l'autore, perché l'ho trovato per "caso" e mi mancano le prime pagine. Posso solo dire che appartiene alla tradizione Zen e che probabilmente risale al XIV secolo.

LIBERAZIONE

Coloro che cercano la liberazione solo per se stessi non possono diventare pienamente illuminati. Sebbene si possa dire che chi non è già liberato non può liberare gli altri, il processo stesso di dimenticare se stessi per aiutare gli altri è, in sé, liberatorio.
Pertanto coloro che cercano di fare del bene soltanto a se stessi in realtà così facendo si fanno del male, mentre coloro che aiutano gli altri così facendo aiutano anche se stessi.

COMPASSIONE

Vi sono tre generi di compassione. Un genere è la compassione che ha per oggetto gli esseri viventi in quanto tali. Un altro è la compassione che ha per oggetto gli elementi. Il terzo è la compassione senza oggetto. Questi tre generi di compassione sono molto differenti.
La compassione che ha per oggetto gli esseri viventi in quanto tali è la compassione di chi pensa che gli esseri siano reali e che le loro illusioni siano reali, e desidera liberare questi esseri reali dalle loro illusioni reali. Questa è la compassione sentimentale, che è limitata dalle sensazioni. E' ancora soltanto emozione e desiderio, non una vera compassione liberatoria.
La compassione che ha per oggetto gli elementi è la compassione che vede tutti gli esseri come prodotti condizionati di relazioni casuali, come composti di elementi che non hanno una persona reale o una cosa reale in sé. Questa è compassione illusoria per esseri illusori, e utilizza mezzi illusori per liberare esseri illusori da inganni illusori. Sebbene trascenda l'appiccicosa emozione della compassione sentimentale, tale compassione, simile a un sogno, conserva ancora l'immagine dell'illusione, per cui non è ancora una compassione liberata.

IL TERRENO DELLA MENTE

Fintanto che e persone non realizzano il fondamento della mente, anche se compiono opere di bene la loro virtù è contaminata. Ecco perché i maestri Zen e altre scuole del Buddhismo raccomandano che le persone prima rischiarino il terreno fondamentale della mente e poi coltivino le virtù.
Il bene coltivato da persone che non hanno realizzato l'essenza della mente è soltanto la causa di risultati costruiti. Pertanto non è la via essenziale alla liberazione. Anche se costoro si dedicano all'insegnamento e all'iniziazione degli altri, ricadono nella compassione sentimentale, per cui non si tratta di un vero insegnamento.

DEMONI

Vi sono vari fenomeni e atteggiamenti mentali che ostacolano la vera comprensione. A causa della loro natura dannosa e distruttiva, sono chiamati démoni, o diavoli.
Fra tali démoni vi sono l'avidità, l'odio, la presunzione, le opinioni dogmatiche, l'assuefazione a stati meditativi, l'orgoglio per la conoscenza, il desiderio di liberazione personale soltanto per amor proprio, la compassione sentimentale, la fretta ansiosa di raggiungere l'illuminazione, l'idolatria per i maestri, il rifiuto dell'insegnamento per aver trovato difetti nel comportamento esteriore dei maestri, l'indulgere alle passioni e l'aver timore delle passioni.
Chiunque voglia realizzare l'illuminazione buddhista è obbligato a esaminare la propria mente e il proprio cuore alla ricerca di questi diavoli.
I démoni possono nascere a causa dell'errata applicazione della mente. Possono anche infiammarsi in una mente applicata correttamente in cui stanno per estinguersi, proprio come la fiamma di una candela dà un bagliore subito prima di spegnersi.
In ogni caso, non consentire che la mente venga agitata dai démoni, perché questa agitazione perpetua la loro influenza.

martedì 1 novembre 2011

Scene d'Autore - Immortal ad vitam

Dal film capolavoro di Enki Bilal.

...dove un dio rimasto solo e un uomo anch'egli solo incontrano e amano una donna superiore...


lunedì 31 ottobre 2011

Noi bruciamo gli elefanti

Vi propongo un trailer ed un articolo sull'interessante documentario (in questi giorni proiettato in una sala della città) girato dal regista Giuseppe Valentino nel 2010 a Cerignola.

Soggetti: la campagna elettorale comunale, la situazione delle discariche e dell'inceneritore di Borgo Tressanti, i disagi degli extracomunitari, la malavita, l'inconsapevolezza dei giovani nati e cresciuti in un ambiente dove si da più enfasi all'apparire che all'essere...

C'è da dire che il giovane regista è riuscito a rendere "leggibile" - e con "occhio imparziale" - una realtà complessa come quella cerignolana, emblema di un'Italia allo sfascio.

Belli gli effetti, la musica e le tecniche di montaggio.

L'articolo e il trailer:

L'anima del Sud

Ritrovarsi su una pellicola, rivedersi, risentirsi, riviversi diventa forse un po’ problematico. Ma quelle vie, calpestate quotidianamente, battute più volte al giorno, non sono mai le stesse, una volta finite nll’occhio di una videocamera. E così Valentino, con “Noi bruciamo gli elefanti”, riesce a gettare una nuova luce sulla città con un’operazione culturale senza precedenti. Siamo stati figli, nipoti e pronipoti di “Totò Gambe d’oro”: “ti ricordi a quello?”. “Noi bruciamo gli elefanti” sarà il prossimo “ti ricordi a quello, che fine ha fatto?”. Perché ieri sera, nella gremita sala del Teatro Roma, si è proiettata una storica pellicola, osteggiata, in fase di preparazione, dai soliti sciocchi retropensieri della solita sciocca cittadina. Fino alla proiezione che ha zittito tutti.

Valentino ha dato un’anima a quelli che ormai reputiamo luoghi comuni; ha dato un’anima al caporalato, agli extracomunitari, ai rifiuti, alle giostre della festa patronale. Li ha raccolti e mescolati per poi unirli attraverso l’unico filo conduttore. Una collana di fatti, situazioni, problematiche, di perle che si inseriscono, una dopo l’altra, sul filo dorato che è la nostra città. Una città che luccica nell’abito “buono” della domenica e saluta la Madonna di Ripalta, sua protettrice, affidandole segretamente tutte le angosce di un lavoro sottopagato, di un matrimonio fallito, di una vita disgregata: «perché la vita è pesante», dice una signora appoggiata al bancone di un bar, sorseggiando una birra.

Valentino dà un’anima alla criminalità, ascoltandola come un buon padre di famiglia farebbe con un figlio, fino a non farcela detestare, perché ce la fa capire. Lo spaccio non è un crimine, è una condizione, una necessità; e anche questo rappresenta il “di dentro” di una realtà complessa come quella del sud. Il Sud è così perché tutto, da noi, ha un’anima. E Valentino, toccando le cose e chiedendo(si) solamente “perché?”, riesce a riportare a galla con maestria e leggerezza delle tematiche altrimenti scomode e complesse, quindi intrattabili.

E la vita di Cerignola è la vita del Mezzogiorno, di una Italia che non può cambiare nel momento in cui chi è deputato a farlo, chi è delegato dal popolo, ritiene «Gesù un socialista», non si accorge nemmeno del santino che indossa al collo mentre giocherella con la collana o guarda prima all’autocelebrazione di sé e poi alla sostanza. Una politica che prende il suo "compenso" contrattando la salute dei cittadini con un obolo; una politica incapace di affrontare i temi di cui non ha conoscenza, praticità, interesse.

“Noi bruciamo gli elefanti” smantella le sfumature tra bene e male, tra buono e cattivo, per diventare un addensato di verità contrastanti, una visione dei fatti molto più incredibile di quanto generalmente siamo portati a considerare: e da qui ne esce un quadro apocalittico, perché le nostre dinamiche, ormai storiche,croniche, sono apocalittiche. «Non serve un sindaco, serve una bomba a Cerignola» e l’applauso dei presenti in sala, durante la proiezione, danno l’immagine della rassegnazione mista a rabbia di una realtà sempre in coda a tutto, e a tutti. Una realtà che non ha un'essenza, ma che è intrappolata, strangolata, dalla sua essenza. L’anima di Cerignola, del Sud, tra voglia di fare e demoralizzazione costante. La voglia di fare degli agricoltori, chini sui campi o a testa in su per tagliare l’uva; quella voglia di fare che si svincola dal suo significato originario di entusiasta attività, perchè permeata di una rassegnazione che rende quasi meccanico ogni movimento, ogni slancio disincantato. Perché “Noi bruciamo gli elefanti” ci ha mostrato l’anima del Sud. Quella stessa che- accettiamolo- abbiamo cucita addosso. La stessa anima battagliera che viene da lontano, «quando essere comunisti significava essere con le spalle al muro, essere isolati», quando Cerignola aveva un altro tipo di rabbia: quella della fame, delle rivendicazioni, quelle che Valentino dedica a Di Vittorio in una larga fetta del “girato”. Quella che oggi s’è persa, irrimediabilmente, schiacciata e soffocata dai mutui e dalla politica, dal fine mese e dalle tasse.

Valentino non si preoccupa di essere brusco, non si preoccupa di non trovare un giro di parole giusto: nelle immagini selezionate, nell’incipit di un animale squartato e cucinato, nelle musiche cupe e d’atmosfera, nella filastrocca iniziale, in dialetto, che riporta a domeniche di primavera, tra pasta al sugo e l’armonia delle grandi “tavolate”. È casa, è Sud, è Cerignola. E’ la nostra anima.

Michele Cirulli