E’ possibile praticare yoga due ore la settimana. Recarsi in un centro o in palestra portandosi dietro la copertina di lana e assumere qualche posizione rilassante.
Sì, è possibile, ma non è yoga.
Chi pratica yoga per rilassarsi non ha ben capito cosa sia lo yoga: lo yoga è un mezzo di “elevazione di se stessi per mezzo di se stessi” come dice Krishna nella Bhagavad gita.
Lo yoga è uno strumento potentissimo, offerto alla personalità inferiore, di elevarsi verso “dimensioni” più elevate dell’Essere. Ma prima di ciò occorre fare un altro passo: mettere le briglie ai nostri “io” indisciplinati.
E per fare questo occorre uno sforzo, un tremendo sforzo.
Una asana tenuta a lungo tiene a freno con autorità tutti gli io che, come cavalli impazziti, altrimenti correrebbero a destra e a manca.
La nostra deve essere una pretesa di ciò che stiamo inseguendo, una pretesa che richiede polso fermo e una determinazione incrollabile.
Non una pretesa verso le Dimensioni Superiori che ci guidano, s’intende. Ma verso la propria personalità condizionata, indisciplinata, limitata, incostante, debole, perdente in partenza e che si disperde in mille “faccende” diverse (e spesso inutili).
Col passare degli anni d’insegnamento è facile notare - guardando gli occhi e il comportamento di chi entra in sala di pratica - il terrore di cosa l’insegnante gli farà fare; terrore dovuto soprattutto al fatto che non hanno ben compreso cosa sia e a cosa serve lo yoga.
“Quale altra tortura si inventerà oggi?” questa la domanda mai espressa verbalmente.
I poverini non sapevano, iscrivendosi ad un corso di yoga, cosa esattamente li attendeva. Non avevano mai letto nessun testo classico sullo yoga (e continuano a non leggerlo anche dopo numerosi inviti dell’insegnante).
Così dopo poche settimane, mesi e a volte (mistero che non ho mai capito) dopo anni, se ne vanno a cercare altro da qualche altra parte: magari un corso di costellazioni familiari.
Sì, è possibile, ma non è yoga.
Chi pratica yoga per rilassarsi non ha ben capito cosa sia lo yoga: lo yoga è un mezzo di “elevazione di se stessi per mezzo di se stessi” come dice Krishna nella Bhagavad gita.
Lo yoga è uno strumento potentissimo, offerto alla personalità inferiore, di elevarsi verso “dimensioni” più elevate dell’Essere. Ma prima di ciò occorre fare un altro passo: mettere le briglie ai nostri “io” indisciplinati.
E per fare questo occorre uno sforzo, un tremendo sforzo.
Una asana tenuta a lungo tiene a freno con autorità tutti gli io che, come cavalli impazziti, altrimenti correrebbero a destra e a manca.
La nostra deve essere una pretesa di ciò che stiamo inseguendo, una pretesa che richiede polso fermo e una determinazione incrollabile.
Non una pretesa verso le Dimensioni Superiori che ci guidano, s’intende. Ma verso la propria personalità condizionata, indisciplinata, limitata, incostante, debole, perdente in partenza e che si disperde in mille “faccende” diverse (e spesso inutili).
Col passare degli anni d’insegnamento è facile notare - guardando gli occhi e il comportamento di chi entra in sala di pratica - il terrore di cosa l’insegnante gli farà fare; terrore dovuto soprattutto al fatto che non hanno ben compreso cosa sia e a cosa serve lo yoga.
“Quale altra tortura si inventerà oggi?” questa la domanda mai espressa verbalmente.
I poverini non sapevano, iscrivendosi ad un corso di yoga, cosa esattamente li attendeva. Non avevano mai letto nessun testo classico sullo yoga (e continuano a non leggerlo anche dopo numerosi inviti dell’insegnante).
Così dopo poche settimane, mesi e a volte (mistero che non ho mai capito) dopo anni, se ne vanno a cercare altro da qualche altra parte: magari un corso di costellazioni familiari.
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