mercoledì 30 dicembre 2009

BUON FINE ANNO CON MILICA ILIC

Il brano che suona questa brava arrangiatrice è Sivenda.

Ho letto da qualche parte che gli strumenti a corda esprimono l'Elemento Fuoco. Però a me queste note sembrano come delle gocce d'acqua, ma...se "dall'acqua nasce il fuoco" allora il conto torna.


venerdì 25 dicembre 2009

KURUKSHETRA: LA MIA TERZA SCENEGGIATURA






Anche questa sceneggiatura richiede una produzione multimilionaria. Però...non si sa mai.



SINOSSI BREVE

La Terra, cinquemila anni fa, era ancora abitata da esseri straordinari. Dei ed Eroi semidivini si manifestavano apertamente tra gli uomini, lasciando un’impronta di valori più elevati per aiutare l’umana evoluzione della coscienza.
In India il nostro Eroe, Arjuna, con l’aiuto del Dio Krishna, riesce a combattere e vincere una guerra impossibile contro uno sterminato esercito comandato dal cugino, il Re Dhuryodhana, che con l’inganno lo ha privato del Regno, mandandolo in esilio nella foresta per ben tredici anni.
Mantenendo la parola data, Arjuna e i fratelli: Yudhishthira, Bhima, Nakula e Sahadeva, con la comune moglie Draupadi, vivono una vita di stenti in selve inospitali. Ma pur tra mille peripezie organizzano segretamente la riscossa, cercando e ottenendo l’appoggio di molti Re e Principi. Per loro buona sorte il Dio Krishna è dalla loro parte e ciò farà la differenza.
Allo scadere dei termini dell’esilio Arjuna fa un ultimo tentativo per risolvere la questione pacificamente, ma Dhuryodana, invidioso dei cugini e avido di potere oppone un rifiuto ostinato.
Non avendo altra scelta, Arjuna raccoglie un esercito di immani proporzioni e sulla piana di Kurukshetra si batte con l’ancor più formidabile esercito del nemico. Lo scontro è terrificante, gli eserciti si combattono fino all’estinzione totale: sopravvivono in pochi, tra cui Arjuna, i suoi fratelli, Krishna e il generale Satyaki.
In seguito il fratello maggiore dell’Eroe, Yudhushthira, diviene Imperatore e governa con saggezza e giustizia.
Ma, alla fine della loro vita una sorpresa li attende.

Kurukshetra è un racconto epico carico di fascino e di magia. Tra antiche città dorate e incantevoli foreste, fanno la loro comparsa personaggi considerati ormai “mitologici”, ma pur sempre viventi nei nostri cuori.




KURUKSHETRA
( Liberamente tratto dal Poema Epico MAHABHARATA )

di Giuseppe Merlicco

Reg.SIAE n.2007006915




IL GIORNO PRIMA DELLA BATTAGLIA DI KURUKSHETRA


EST. ALCUNI PICCHI DELL’HIMALAYA – ALBA

DIDASCALIA
INDIA 5000 ANNI FA

Da una piccola insenatura tra le rocce una BIANCA AQUILA REALE osserva il paesaggio circostante,
il sole sta sorgendo.
L’Aquila vede cime innevate,
vallate e vaste foreste,
poi spicca il volo.

VOCE DI UOMO ( V.O. )
LE GENERAZIONI VANNO E VENGONO

L’Aquila sta sorvolando numerose montagne e profondi burroni

VOCE
MA GLI EFFETTI DELLE LORO AZIONI

L’Aquila sorvola ruscelli montani e foreste

VOCE
RESTANO ANCORA PER MOLTO, MOLTO
TEMPO.

L’Aquila sorvola una cupola dorata e delle colonne d’oro semisepolte dalla neve. Forse i residui di una antica Civiltà scomparsa.


VOCE
L’UOMO NON SA PERCHE’ ESISTE

Su una piccola radura, in una valle nascosta tra le montagne, l’Aquila sorvola una capanna.

VOCE
NE’ SA CHE LA SUA VITA FA’ PARTE
DI UN PIU’ VASTO DISEGNO DIVINO.


Seduto fuori da una capanna vi è un VECCHIO SAGGIO vestito con un leggero abito bianco di cotone.

VOCE
MA UN GIORNO TUTTO CIO’ GLI SARA’
RIVELATO.


EST. DAVANTI ALLA CAPANNA DEL SAGGIO – GIORNO

Il vecchio ha i lunghi capelli bianchi avvolti a cono sul capo e una lunga barba bianca. Il suo viso è abbronzato ed esprime una grande pace interiore.
Davanti a lui un tavolino basso, sul quale sono impilate delle foglie secche schiacciate.
In mano ha uno stiletto col quale sta scrivendo sulle foglie, accanto un piccolo recipiente di legno con dell’inchiostro.
Sembra assorto in profondi pensieri, si direbbe stia pensando a una Storia Importante.

L’Aquila STRILLA, il saggio alza la testa per guardarla e URLA: -

SAGGIO
Sto scrivendo una storia
meravigliosa.

L’aquila continua il suo volo.
Il saggio la segue a lungo con lo sguardo.


EST. VOLO DELL’AQUILA – POCO DOPO

L’AQUILA CONTINUA A VOLARE

VOCE (V.O)
LA STORIA CHE STIAMO OSSERVANDO

L’Aquila continua il suo volo superando una foresta di pini
e una cascata.

VOCE
CI PARLA DI UNA GRANDE GENERA-
ZIONE ORMAI PASSATA,


L’Aquila si lancia a volo rado sulla pianura.

VOCE
MA NON ANCORA DIMENTICATA.
l’Aquila sorvola una vasto deserto e una carovana di cammelli.

VOCE
UOMINI CHE SONO STATI I PA-
DRI DEI PADRI DEI NOSTRI PADRI.

l’Aquila sorvola un branco di elefanti che appaiono e scompaiono in una macchia di vegetazione.

VOCE
UOMINI CHE HANNO LAVORATO, SOF-
FERTO, DESIDERATO…AMATO…PRO-
PRIO COME NOI,

L’Aquila sorvola un fiume dove alcune tigri si stanno dissetando. Una barca scivola sull’acqua, STORMI DI UCCELLI VOLANO CHIASSOSA-
MENTE a pelo d’acqua.

VOCE
CON UN’UNICA SOLA DIFFERENZA:

Ora l’Aquila sorvola un vastissimo accampamento militare con
migliaia di tende multicolori, bandiere, carri, elefanti, cavalli, soldati in FERVENTE attività prebellica.

VOCE
CHE ALLORA, FRA QUEGLI UOMINI,
VI ERANO PERSONAGGI DI ELEVATA
STATURA MORALE, MAGNIFICI A VE-
DERSI.

mercoledì 23 dicembre 2009

LA FORTEZZA DEL NULLA (TERZA ED ULTIMA PARTE)



Stimolato da un lungo periodo vissuto all’insegna di un’attenzione costante a tutti i particolari (anche se in modo anomalo) decisi di far ritorno dal maestro camminando all’indietro, col volto rivolto verso l’amico che avevo lasciato in quel villaggio sperduto, perché non volevo lasciarmelo “alle spalle”.

Attraversai in quel modo foreste, montagne e fiumi: sempre camminando all’indietro.
Dopo molti giorni di cammino arrivai alla dimora del vecchio, il quale non la finiva più di ridere nel vedere in quale strano modo avevo fatto ritorno da lui.

Dopo alcuni giorni trascorsi a raccontargli ogni sorta di episodio buffo e divertente, una sera il mio ospite mi fece sedere di fronte a lui, a lume di candela, e iniziò la spiegazione del Mantra.

- Il Mantra – mi disse – è un potente mezzo che aiuta a liberare la mente da tutte le illusioni nella quale si è identificata. Allo stesso tempo ci serve a “stabilizzarci” su un Principio, oppure ad evocarlo. Ora ascoltami attentamente.

IO

- Cosa può essere definito Io? – mi chiese. Io rimasi zitto. – Possiamo definire Io un nucleo, un atomo, uno spazio auto consapevole e auto determinato. L’Io è un centro che non dipende da nulla per esistere: è, e basta. Ora, se osservi le persone noterai che essi, quando dicono io, intendono “io Tizio e Caio”, “Io uomo”, “io donna”, “io ricco”, “io povero”, “io felice”, “io infelice” e via dicendo. Cioè aggiungono sempre un altro elemento all’io. Essi ignorano completamente l’io “nudo e crudo”, cioè non identificato con qualcosa di “esterno” a se stesso. La maggior parte della gente ignora l’essenza più intima di se stessa, che è uno “spazio coscienziale”, e scambia per “io” un aggregato di elementi fisici, di emozioni e pensieri. Ma questi sono mutevoli, soggetti a trasformarsi in qualcos’altro e, infine, a dissolversi. In questo caso cosa resta dell’io al momento della morte? Un corpo che si disgrega? Un nome che scomparirà sepolto dalla polvere del tempo? Cosa?




SONO

Sono è un suono. Sono è sinonimo di suono. L’Essere è un verbo, una vibrazione sonora; è l’espressione sonora nata dall’azione della Volontà Suprema (il Padre) sulla Madre-Materia (che prima dell’inizio era concentrata in un unico Punto). Questo primo movimento di espansione, causato dalla Volontà Suprema sul Punto-Materia, genera l’Essere-Suono e di conseguenza lo spazio (perché è dal suono che nasce lo spazio) in continua espansione. L’uomo tacque pensieroso. Poi riprese esitante: - Sono certo che non capisci a fondo di cosa ti sto parlando. Purtroppo questa comprensione è frutto di una lunga ricerca, di un percorso individuale…e non può essere regalata o insufflata. Sta a te desiderare e cercare di comprendere. Però non lasciarti “scivolare” addosso queste parole e riflettici seriamente; cerca, studia, osserva, riflettici su...cerca di capire
Io ti posso dire che la Coscienza e la Materia-Natura non sono la stessa cosa. La Coscienza è un prodotto, è “figlia” della Volontà del Padre unita a Madre Natura.

Allo stesso modo quando nasce, la giovane coscienza individuale, per molto molto tempo, pur “essendo” non è ancora auto consapevole, ma è uno spazio vuoto di Conoscenza. Essa dovrà fare una serie infinita di esperienze, identificarsi continuamente con una moltitudine di forme (quelle forme che appartengono a Madre Natura), gioire e soffrire infinite volte per colpa dell’attaccamento alle forme in costante trasformazione, prima di arrivare a chiedersi: “Io chi sono veramente?”
Inizierà allora a cercare. Se è fortunata incontrerà un Maestro o una Scuola di Ricerca Interiore che le offriranno i “mezzi” per auto realizzarsi. E solo alla fine di quel percorso potrà dire: “Io Sono”.

E

Anche la e è importante. In una lingua ogni parola, sillaba, consonante o vocale ha la sua importanza, anche i punti e le virgole. Qui la e sta a indicare una “congiunzione” da uno stato precedente ad uno susseguente. La e fa da tramite tra l’Io Sono e il Poiché.

POICHE’ IO SONO

In questa frase Poiché esprime una “presa di coscienza”, la constatazione di uno stato raggiunto (io sono) ed allo stesso tempo indica la “conseguenza” che la realizzazione precedente porta con sé. In pratica è il primo vero movimento autoconsapevole ed autodeterminato dell’Io Sono nell’ambiente circostante. E’ la prima vera affermazione di Potere dell’Io: “Io sono Io, so di essere, e allora posso scegliere”.

IO HO IL POTERE DI SENTIRE

Ed ecco cosa l’Essere realizza per prima: la capacità innata di provare, sentire sensazioni, emozioni e desideri, perché l’Essere è Emotività allo stato puro. I desideri sono un “potere” perché sono proprio loro a fungere da bussola all’Essere nell’Oceano del Divenire delle forme. Una coscienza ancora giovane, inesperta, come fa a scegliere tra le infinite offerte della vita? Sceglie quello che le piace, verso cui “sente” una traenza, un’affinità. E quella traenza si manifesta come desiderio o repulsione, dipende dal tipo e dalla polarità. Però è bene sapere che esistono desideri autentici, profondi, ed altri introdotti in noi dall’esterno. Occorre imparare a discernere. Per questo i desideri e le emozioni da soli non bastano per l’evoluzione della giovane coscienza. Occorre uno “strumento” in grado di discernere, discriminare, vagliare, comparare, ragionare e sintetizzare le esperienze vissute.

DI PENSARE ATTIVAMENTE

Questo strumento è la Mente...la Mente può condurci alla schiavitù, ma anche alla liberazione dall’ignoranza e dai condizionamenti inconsapevoli, però va conosciuta e usata in modo appropriato. La mente ha diverse parti e funzioni (funzioni che ha anche l’emotivo e gli altri Centri energetici dell’essere umano). Una delle funzioni della Mente è assolutamente meccanica, cieca, inconsapevole, ripetitiva. La funzione meccanica della mente ripete semplicemente quello che ha assorbito dall’esterno (la stessa cosa fa la parte meccanica dell’emotivo, eccetera). Sta qui il vero inghippo (anche se ha la sua necessità evolutiva) dell’essere umano.

L’essere umano comune non usa le funzioni superiori della mente e degli altri Centri Energetici, non li conosce neppure. Egli vive usando solo le funzioni inferiori, quelle meccaniche, automatiche appunto. Perciò l’uomo fa, ama, pensa e sente emozioni solo meccanicamente, solo come ha avuto modo di imparare dai genitori, dagli insegnanti, dai parenti, amici, concittadini, compatrioti e via dicendo secondo il luogo e il tempo in cui è nato; perciò egli vive solo per imitazione, come gli animali. Per questo l’uomo non è libero: perché pesca sempre le sue scelte nel vecchio mazzo di carte.

L’uomo ignora che i pensieri che sente nella testa non sono il proprio pensiero, ma concetti che gli sono stati inculcati da bambino. Quando l’uomo pensa crede di scegliere a cosa pensare, in realtà il cervello sta solo operando automaticamente una serie di “associazioni” di pensiero (stimolate da impulsi esterni o interni) assolutamente meccaniche e condizionate dai fattori che ti ho esposto. Per questo definisco passivo il pensiero comune.
Il “pensiero attivo” è comunque possibile all’uomo, ma senza “Io Sono” niente pensiero attivo. Senza comprensione di questi meccanismi automatici e dei condizionamenti, delle identificazioni di famiglia, di razza, di tempo e luogo in cui si è nati e cresciuti, niente pensiero attivo. In tal caso l’uomo è solo una marionetta mossa da fili invisibili; un automa le cui azioni e pensieri sono prevedibili e…manovrabili da chi è più furbo.
E bada bene
– disse il maestro – pensare attivamente non vuol dire passare all’opposizione, diventare degli anticonformisti. Il Pazzo che tu hai conosciuto non è un anticonformista, ma un individuo che gioca con la vita senza cadere vittima di identificazioni con l’una o l’altra fazione. Conservatori e progressisti, bianchi e neri, santi e peccatori sono due facce della stessa medaglia. Occorre uscire completamente fuori dal “gioco” (almeno ogni tanto) se si vuole individualizzarsi e imparare a pensare con la propria testa, non con quella del “gruppo” a cui si appartiene. “Io sono, e poiché io sono, io sono libero di avere il mio pensiero”. Il mio e basta. Questo non vuol dire chiudersi agli altri, ma solo non esserne dipendenti. Un pensiero attivo naturalmente si confronterà con quello degli altri, ma di tutti gli altri, non solo di quello dei “gruppi” che stanno contro il suo gruppo. Intendi? – Feci un cenno affermativo col capo. Il vecchio riprese. -

DI VOLERE

Nello studio della Legge del Tre e del Sette avrai notato che esistono onde ascendenti e discendenti. Durante l’onda ascendente si è più portati verso l’introspezione, verso un lavoro interno di riflessione e programmazione. Questo lavoro interno è collegato al volere, al desiderare. L’essere, anche se non conosce il fine ultimo della vita, ha comunque una direttiva da seguire: questa direttiva si manifesta come desiderio. Il suo particolare desiderio. Così, di desiderio in desiderio, l’essere segue una scìa, un profumo, una canto, una traenza che lo porteranno sempre più nel cuore della Verità…e di se stesso.

E DI FARE

E poiché l’Essere individualizzato vuole, desidera, necessariamente impatta contro le “forze” esterne che si muovono verso altre direzioni. Le Leggi che governano l’esistenza sono veramente innumerevoli e di una potenza straordinaria. L’Essere, in tutto questo, è come un fuscello trascinato da flutti impetuosi. La tendenza comune è quella di lasciarsi trasportare dalla corrente, di fare come “fan tutti”, ma così facendo si cade proprio in quella “passiva” meccanicità di cui ti ho parlato, in una parola: Impotenza. Invece un forte Io Sono ha la sua strada da percorrere. Lui ormai Sente e Vuole, perciò ha un tremendo bisogno di saper Fare, cioè esternare, mettere in pratica ciò che sente e vuole. Il Fare è legato alle onde Discendenti. Molti sono periti tra i flutti proprio perché non sapevano cosa e come fare. Imparare a fare è un altro potere di cui l’uomo ha possibilità di venire in possesso. Ma occorre sforzarsi continuamente, volontariamente e con Conoscenza per sfuggire alla forte corrente che trascina tutto con sé. -

- Ma non si corre il rischio di divenire egoisti? – questa frase mi uscì di gola senza neanche pensarci.

- E’vero – rispose il vecchio – ma, chiediti: Si può essere altruisti senza possedere le qualità di cui ti ho parlato? Cosa sono il bene e il male? Ciò che è bene per una società può essere male per un’altra. Ciò che è bene per una persona può non esserlo per un’altra. Devi scoprire tu, da solo, cos’è bene e cosa è male. E per fare questo ti devi prima “individualizzare”, pensare con la tua testa e…vedere coi tuoi occhi. Allora, forse, potrai anche fare qualcosa per gli altri. Anche per questo il Mantra termina con:

IN NOME DELL’AMORE

E qui giungiamo al Segreto dei Segreti. L’Amore, così tanto decantato da scrittori e poeti romantici. Cos’è l’Amore? Comunemente si pensa sia un sentimento, ed è all’ordine del giorno sentire: “Io amo quella persona” o “io amo quella tal cosa”, però qui siamo ancora nel campo dell’Emotivo Inferiore. Ma cos’è veramente l’Amore? Ebbene, mio giovane amico l’Amore, quello con la A maiuscola, non è un sentimento ma è l’acqua stessa in cui nuotiamo. L’Amore-Coscienza è l’Oceano della vita nella sua interezza. Noi siamo immersi nell’amore. No! Non parlo metaforicamente, ma in termini pratici, concreti. L’Amore è la Forza che tiene insieme questo mondo, che lega lo Spirito alla Materia in quanto ne è il Figlio. Nemmeno un atomo sfugge a questa Forza. Esso è una vera e propria Forza di Coesione, di Unità. L’Amore è la Terza Forza. E’ l’Amore che tiene insieme l’Universo, che fa girare le Galassie, i Sistemi Solari e il nostro piccolo pianeta intorno alla sua stella. Se un fiore sboccia è per amore. Se cade la pioggia è per amore. I regni della natura sono completamente pervasi, impregnati di Amore, perché vivono sotto la Legge dell’Amore. Noi esseri umani, invece, siamo chiamati a conoscerlo consapevolmente, desiderarlo e…sceglierlo perché siamo superiori (intellettualmente) agli altri regni. Il Vero Amore abbraccia tutto e tutti, ma non in modo sentimentale. Occorre Conoscenza per capire questo.
Anche per questo se un Ricercatore affronta qualsiasi cosa per la Verità…si può dire che è l’Amore che lo sta spingendo.

Cos’è l’Amore-Coscienza? E come vivere in Amore? Questo è il Segreto che siamo chiamati a svelare e vivere con tutto il nostro essere. Questa è la sfida che attende ogni essere umano. Oltre non vi è null’altro.

domenica 20 dicembre 2009

LA FORTEZZA DEL NULLA (2)






UN INSEGNAMENTO SENZA PAROLE

Per diverse settimane mi impegnai seriamente nella recitazione della Formula di Potere che il vecchio saggio, il mio maestro, mi aveva consigliato. Ma dell’Io Sono neanche l’ombra. Piuttosto mi sembrava di pronunciare parole vuote e senza senso che non intaccavano minimamente il mio carattere e il consueto “modo di fare”, così come non era cambiato il vecchio modo di vedere me stesso e il mondo circostante.

Decisi così di parlarne al maestro. Dopo avermi ascoltato attentamente il vecchio mi disse: - Sapevo che quelle parole non avrebbero sortito alcun effetto. Ma ho voluto fartele sperimentare ugualmente per farti comprendere la differenza tra il dire e il fare. Vedi, tutti i nostri propositi espressi col pensiero o a parole devono essere accompagnati dall’azione, altrimenti restano solo parole versate nel nulla. E tu lo hai visto chiaramente. Vi deve essere un sincero desiderio di cambiamento all’interno che spinge a trovare il coraggio. Il coraggio di cominciare a cambiare esteriormente, anche se a piccoli passi. -

Dopo essere rimasto un po’ pensieroso, come se soppesasse il da farsi, l’uomo ebbe un lampo di luce negli occhi. Si alzò in tutta fretta e andò a scrivere qualcosa su un foglio di carta. Poi con aria sorniona mi si avvicinò porgendomi il biglietto e mi disse: - Quello che leggi è il nome di un villaggio a tre giorni di cammino da qui. Recati in quel posto e, una volta lì, chiedi del pazzo del villaggio. Quando lo avrai trovato digli che ti mando io e…vedi di convincerlo a insegnarti i rudimenti dell’Io Sono. -

- Ad un pazzo? – gli chiesi meravigliato – Ohhh…quello è un pazzo speciale. Abbi fiducia. -

Così il mattino dopo, di buon’ora, mi incamminai diretto alla volta del villaggio indicatomi con una marea di dubbi dentro. – Come può un pazzo, fosse anche speciale, iniziarmi al segreto dell’Io Sono? – pensavo senza trovare una risposta soddisfacente. Come non bastasse fui “benedetto” da un tempo per niente clemente: neve e vento freddo mi accompagnarono per tutto il cammino.

Finalmente, anche se stremato dalla fatica, giunsi nel villaggio che mi era stato indicato. Lo trovai semideserto e coperto di neve, tutti erano rintanati in ambienti caldi e confortevoli. Poi vidi alcuni bambini che giocavano con palle di neve e mi avvicinai per chiedere informazioni.

- Mi potete dire dove posso trovare…mmm…il pazzo del villaggio? – chiesi quasi distrattamente. I piccoli monelli mi guardarono prima con diffidenza, poi cominciarono a bersagliarmi con la neve, finendo il lavoro che tre giorni di marcia avevano cominciato. Alla fine, soddisfatti e ridendo di me mi indicarono un’osteria sull’altro lato della strada e si allontanarono in tutta fretta.

- Cominciamo bene – pensai per niente rassicurato – mi sa che qui sarà dura. -
Mi liberai alla meno peggio della neve che mi ricopriva dalla testa ai piedi e raggiunsi l’osteria. Dopo essere rimasto alcuni istanti a sbirciare attraverso i vetri appannati il rumoroso brulicare di gente che gozzovigliava e cantava all’interno, decisi di entrare. Nel varcare la soglia fui subito assalito da un odore ch’era un misto di pietanze cucinate, fumo del camino e piscio di pecora. Il chiasso era davvero notevole: molti parevano ballare attorno ad una strana coppia. Guardai più attentamente e vidi un uomo coi capelli arruffati, rosso in volto e…senza pantaloni (in pratica aveva il di sotto completamente nudo, come madre natura l’aveva fatto) che ballava e cantava toccando lascivamente la donna (chiaramente una donna di malaffare) mentre gli altri lo incitavano divertiti. L’uomo aveva lo sguardo di un folle e non ebbi dubbi che si trattasse proprio di colui che…colui che avrebbe dovuto iniziarmi all’Io Sono? Nooo! Impossibile!….Fui preso da un senso di nausea e uscii di corsa dal locale con l’intenzione di lasciare subito quel villaggio. Ma appena fuori l’aria fredda mi fece calmare. Pensai al mio maestro e al lungo viaggio che avevo affrontato. Non potevo andarmene senza neanche aver tentato.

Ero ancora indeciso se rientrare o aspettare fuori quando vidi aprirsi la porta dell’osteria e delle braccia che scaraventavano fuori il pazzo. L’uomo cadde a peso morto nella neve, ancora nudo dalla cintola in giù e con i pantaloni in una mano ed una bottiglia nell’altra. Gridava e imprecava contro non so chi e intanto rimaneva sdraiato sul candido manto di neve tirando lunghe sorsate dalla bottiglia.

Mi avvicinai con discrezione, mi inginocchiai e avvicinandomi ad un orecchio gli feci il nome del mio maestro. Lui mi guardò distrattamente dicendomi: - Non conosco nessuno con quel nome. – A quel punto fui preso dal dubbio: “Era lui l’uomo che stavo cercando? E come chiederglielo? Non potevo mica dirgli: - Scusi è lei il pazzo del villaggio? –"

Stavo ancora immerso nei miei pensieri quando mi sentii scuotere. – E cosa vorresti? – Mi chiese l’uomo tirando un’altra sorsata del liquido non ben identificato che aveva nella bottiglia. – Ecco…il vecchio mi ha detto che potreste introdurmi alla conoscenza dell’Io Sono. – Risposi senza molta convinzione. – Mmmm – brofonchiò l’uomo – e che sarà mai questa roba? Io posso solo portarti ad essere diverso da tutti gli altri, sia dai buoni che dai cattivi, e liberarti di tutta quella immondizia che ti porti dentro. La mia è una vita molto strana ragazzo, non vedi?


- Vvv…vedo – dissi – Però a me sembra anarchia. Il vecchio mi ha insegnato che la Regola…- - L’assenza di regole è la mia regola. L’assenza di certezze, di fissazioni, di punti fermi è la mia regola. Allora, che vuoi fare? – disse secco il pazzo. – Ci voglio provare. – risposi timidamente – Allora te ne puoi tornare da dove sei venuto – disse - con me non si “prova”, o fai quello che ti dico oppure non se ne fa niente. – Accetto! – risposi risoluto. – Bene! – disse l’uomo porgendomi la bottiglia. – Tieni, bevi. - - Come devo chiamarti? – gli chiesi dopo una sorsata di quello che scoprii essere un pessimo vino. – E come mi vuoi chiamare? Pazzo…ehi pazzo! – disse l’uomo ridendo di gusto – sì, chiamami: ehi pazzo!…e io farò lo stesso con te. -

Da quella sera iniziò il periodo più strano e più difficile della mia vita. Niente insegnamenti. Niente parole. L’uomo usava dei “metodi” che definire bizzarri è molto al di sotto di quello che erano veramente. All’inizio mi disse solo: - Sappi che sarò spietato con tutte le tue debolezze. D’ora in poi non farai più nulla di normale. In quanto alle spiegazioni, beh, quelle te le puoi scordare. Le chiederai al tuo maestro. Qui si fa e basta -.

Per prima cosa ci legò entrambi in modo da avere solo una gamba ed un braccio liberi. Stavamo legati così tutto il giorno, anche di notte o durante i bisogni intimi. Quando camminavamo lo facevamo…a tre gambe (perché una mia gamba era perfettamente legata alla sua). Stessa cosa quando mangiavamo: io usavo un braccio, lui l’altro. Dovevamo essere diversi in tutto e per tutto dagli altri e mi insegnò anche lo sguardo del pazzo. In breve divenimmo famosi come “i due pazzi”. La gente ci insultava, ci malmenava, ci orinava addosso, ma il pazzo sembrava divertirsi un mondo in quella situazione. Però non era così per me. All’inizio mi parve veramente di impazzire. Non sapevo veramente più chi ero né qual’era lo scopo della mia ricerca. Tutto il mio orgoglio, il mio amor proprio, si ribellava a quello strano “insegnamento”. Ma allo stesso tempo cominciai a sentirmi più leggero. Era come se ogni giorno perdevo parte di quella zavorra che mi portavo dietro sin dall’infanzia, sotto forma di importanza personale, identificazioni o abitudini e associazioni meccaniche.

Finché un giorno cominciai a vedere gli altri come dei pazzi insensati. Mi sembravano inconsapevoli, meccanici, scialbi, ripetitivi, pieni di stupide fissazioni e concezioni morali e sociali. Mi sembravano come dei burattini per niente liberi, ma schiavi di convenzioni che neanche avevano scelto, bensì accettate ciecamente perché così gli erano state trasmesse o, peggio, inculcate sin dalla nascita. Inconsapevoli, ecco come li vedevo, inconsapevoli e per niente liberi di scegliere.

Man mano che passavano le settimane questa nuova visione divenne stabile e cominciai a provare compassione per quelle povere persone senza “io”. E cominciai anche a divertirmi nel mio ruolo di pazzo, di diverso, anzi…di unico. Vidi con grande chiarezza come io e il mio amico eravamo molto più liberi di loro. Non avevamo tabù, né regole morali o sociali. Anzi, potevamo fare qualunque diavoleria ci saltasse in mente senza sentire sensi di colpa o attriti interiori.

Così ne parlai al pazzo. Questi, dopo avermi ascoltato mi disse: - Avevo notato il tuo cambiamento. Vedo che sei pronto per tornare dal tuo maestro. -

Ancora una volta ci ubriacammo assieme, dopodiché mi sciolse e mi abbracciò dicendomi: - E’ stato un piacere lavorare con te. Posso affermare senza timore di smentita che sei un vero Ricercatore. Ti auguro buona fortuna e…salutami il mio vecchio amico. -

L’indomani ripartii portandomi per sempre nel cuore quell’uomo coraggioso e divertente. Durante il viaggio di ritorno notai con piacere gli effetti di quello “strano addestramento”. Ormai mi sentivo libero da ogni forma di ossessione. Non mi rimaneva che conoscere fin nei minimi dettagli il significato profondo di ogni singola parola della Formula, come mi aveva promesso il saggio. Ero sicuro che ora l’avrei apprezzata e ripetuta con forza.
Continua.

sabato 19 dicembre 2009

I PENSIERI DI SAGITTA55


Spesso, durante la giornata, mi ripeto questa frase:



"Una volta giù dal letto

cerca di rimanere sveglio".

giovedì 17 dicembre 2009

JAZZ ZEN - ANCORA UNA MIA SCENEGGIATURA


JAZZ ZEN

di Giuseppe Merlicco


NON IMPORTA QUANTE VOLTE UN UOMO CADE
L’IMPORTANTE E’ CHE SI RIALZI UNA VOLTA IN PIU’


SOGGETTO BREVE

Lucio e Vittorio sono due trentenni.
Amici da molti anni, i due condividono la passione per il jazz - di cui sono due bravi interpreti - e quella per le arti marziali e lo Zen, ma non vedono la vita dallo stesso punto di vista.
Vittorio insegna filosofia e crede nella dignità del difendere con coraggio il proprio “essere” e ciò in cui si crede; Lucio, ingegnere, vuol diventare ricco al più presto, ed è disposto a scendere a compromessi con la vita.
Il “caso” vuole che Lucio conosca la figlia di un ricco impresario edile, Lisa, e che la ragazza s’innamori pazzamente di lui; ma vi è un uomo, Livio, che desidera Lisa, ed è geloso del nuovo arrivato.
Lucio e Lisa cominciano a frequentarsi e, in breve, Lucio si fidanza ed inizia a lavorare nell’impresa del padre di Lisa.
Dopo pochi mesi, i due giovani decidono di sposarsi, ma per ottenere questo Lucio deve rinunciare al jazz, alla meditazione e ai valori in cui crede.
Vittorio prova a far capire all’amico i punti deboli di quella storia, ma calca un po’ la mano, Lucio si offende e i due amici si lasciano in malo modo.
Così, dopo non molto tempo, mentre Lucio sposa Lisa entrando nell’alta società, Vittorio, per essere fedele ai suoi ideali, viene sospeso dall’insegnamento per aver tenuto delle lezioni sulla Via zen al di fuori del programma scolastico.
Vittorio tira avanti con i pochi guadagni che ottiene suonando al Free Jazz Café, Lucio diventa ricco e la vita sembra sorridergli, ma non dura molto: incaricato dal suocero di risolvere una questione per l’acquisto di un terreno al mare, sul quale edificare un complesso residenziale, si ritrova vittima di una macchinazione del geloso Livio, il quale fa’ incendiare la fattoria dei proprietari del terreno facendo ricadere su di lui i sospetti dei proprietari. Nell’incendio muore il vecchio proprietario, e i figli per vendicarsi tendono un agguato a Lucio, sparandogli a bruciapelo.
Dopo alcune settimane Lucio esce dal coma.
Dopo un mese Lucio si reca con Vittorio al monastero del Maestro,
ma apprendono che il vecchio monaco è morto proprio un mese prima,
lasciando un biglietto illuminante per Lucio.

Tra metafore zen e atmosfere jazz la storia di due giovani amici sulla Via.



CAPITOLO SECONDO


(2) IL COLPO DI FULMINE

INT. FREE JAZZ CAFE’ – NOTTE

Le BRILLANTI NOTE JAZZ rendono vivace l’atmosfera del locale,
pieno di PERSONE che si stanno divertendo.
Ai tavoli gruppi di uomini e donne PARLANO, bevono e mangiano, mentre LE CAMERIERE si muovono tutte affaccendate nella semioscurità.

Sul palco, sotto un riflettore, Lucio sta SUONANDO IL CONTRABASSO col SUO QUARTETTO.
Il suo sguardo si muove tra IL TROMBETTISTA e una STUPENDA RAGAZZA ( Lisa ) seduta di fronte che non gli stacca gli occhi di dosso,
il trombettista sembra aver capito l’intesa e strizza l’occhio all’amico.

Il PEZZO FINISCE, il pubblico APPLAUDE, la ragazza APPLAUDE entusiasta,
e fa degli apprezzamenti a una AMICA che gli è seduta di fronte.
Uno dei DUE GIOVANI UOMINI che siedono con le ragazze è visibilmente contrariato.

Il gruppo lascia il palco.
Parte un PEZZO SENSUALE in stereofonia. Un grande schermo proietta delle immagini DI FRATTALI.

Lucio e il trombettista si dirigono verso l’angolo bar abbracciandosi da vecchi amici, Lucio si ferma a un tavolo, a parlare con DELLE PERSONE:

LUCIO
( al trombettista )
Ti raggiungo subito..

l’amico raggiunge

L’ANGOLO BAR

LA BARISTA
( al trombettista )
VITTORIO sei stato magnifico…
cosa bevi?

VITTORIO
( guardando Lucio )
Dammi un barile di birra PAMELA.

Pamela si gira,

VITTORIO
( URLANDO all’amico )
Lucio, birra?

Lucio fa un cenno affermativo,

VITTORIO
( a Pamela )
Allora due barili, zucchero.

La ragazza lo guarda con occhi languidi.
Li raggiunge Lucio che manda un bacio alla ragazza,
la barista gli sorride e li serve,
i due BRINDANO e si girano verso il palco,

LUCIO
Ehi, hai visto come mi guardava
quella fata? Ma chi sarà?

VITTORIO
Se è per questo ti sta ancora
guardando.

Lucio si volta verso il tavolo della ragazza.

PAMELA
( servendo UN CLIENTE )
E’ la figlia di un ricco
costruttore… vacci piano, è un
uomo potente.

Pamela nota che anche l’uomo che accompagna la ragazza li sta guardando, con evidente astio.

PAMELA
…Mentre quel simpatico giovanotto
che ti sta fissando come se
volesse fulminarti è il suo
accompagnatore ufficiale…anche
lui un pezzo grosso dell’alta
società.

LUCIO
Vedo che sei sempre ben informata.

PAMELA
Sai, noi bariste sappiamo tutto
di tutti.







lunedì 14 dicembre 2009

RACCONTO BREVE - LA FORTEZZA DEL NULLA (PRIMA PARTE)



Un Ricercatore di Verità, dopo aver viaggiato in lungo e in largo per tutto il pianeta alla ricerca di qualcuno che gli spiegasse il senso della vita, finalmente incontra un uomo ritenuto da tutti, in quella zona, come un vecchio saggio.

Dopo molti mesi al suo servizio (e dopo essere stato sottoposto a molte prove) finalmente un giorno gli chiede: - Puoi farmi capire, per favore, chi sono io e qual è il senso della vita?

Il vecchio, dopo aver riflettuto a lungo, tirando un profondo respiro rispose: - Sappi che una spiegazione teorica non basta mai per comprendere in profondità ciò che tu mi chiedi. Occorrono anni di lavoro, di studio, di pratiche e molta esperienza. Comunque ti voglio raccontare una storia che si intitola La fortezza del nulla. -

“Un tempo ai margini del deserto viveva un ricco mercante. Quest’uomo era diventato talmente ricco che cominciò a preoccuparsi seriamente su come proteggere il suo capitale. Quindi, dopo aver riflettuto a lungo, pensò di far costruire una fortezza nel deserto, dove si sarebbe stabilito con le sue mogli e concubine, i suoi figli e i suoi servitori. Lì avrebbe custodito, tra mura fortificate, le sue immense ricchezze.
Quindi si mise subito al lavoro e servendosi di architetti qualificati iniziò a costruire una immensa fortezza con mura alte venti metri e uno spessore di diversi metri.


Ma il lavoro si rivelò molto più lungo e molto, ma molto più dispendioso del previsto, perciò dopo diversi anni di lavoro alla costruzione il ricco mercante si ritrovò con una inespugnabile fortezza (così credeva lui), un vasto numero di donne e servitori da sfamare, ma senza più un soldo.

Nel frattempo i suoi affari presero una brutta piega e non avendo più denari da investire non poté più commerciare. Quindi si ritrovò a vivere alla meno peggio in quell’immensa fortezza che per l’indigenza in cui era caduto decise di chiamare: La Fortezza del Nulla.

E veramente nulla vi era in quella fortezza, né denari, né gioielli, mobili, tappeti preziosi e quant’altro. Nulla di nulla, se non tante donne che non riusciva più a soddisfare e tanti figli e servitori che faceva fatica a sfamare, tant’è che i suoi assistiti dimagrirono considerevolmente per via della mancanza di cibo sufficiente.

Dopo molti mesi il capo di una banda di predoni del deserto, avendo sentito parlare di quella immensa fortezza, pensò tra sé: - Se qualcuno ha fatto costruire quella fortezza e ci vive dentro chissà quali favolose ricchezze vi tiene nascoste -. Quindi, dopo aver escogitato un piano d’assalto, radunò i suoi uomini e partì per andare ad impadronirsi della fortezza e del tesoro che vi era custodito.

I predoni riuscirono a trovare la fortezza, ma dopo mesi di assalti non erano ancora riusciti ad espugnarla. L’impresa si rivelò molto più difficile di quanto avevano pensato. Ma ormai erano lì da mesi. Avevano impiegato tempo e risorse e non si potevano permettere di andarsene a mani vuote. Perciò il capo decise di mantenere l’assedio a oltranza, fino a quando la fortezza non sarebbe caduta nelle sue mani.
– Quando avrò conquistato la fortezza - si disse il capo dei briganti – mi rifarò di tutte le perdite economiche subite – (infatti aveva sperperato tutti i suoi beni per quel maledetto assedio che durava da mesi).

Ma finalmente un giorno la fortezza cadde nelle mani dei predoni, che uccisero il vecchio mercante e si impadronirono delle donne, dei fanciulli e dei servitori. Ma quale non fu la loro sorpresa quando realizzarono che nella fortezza non c’era il becco di un quattrino. Nulla, nulla di nulla.”

- Inutile dirti - disse il vecchio saggio - come finisce la storia. La cosa andò avanti all’infinito. Man mano eserciti o bande di predoni espugnavano la fortezza con la certezza di trovarvi chissà quali tesori. Uccidevano i vecchi proprietari e si ritrovavano a loro volta poveri, anche se padroni di una fortezza che non custodiva proprio nulla. Nessun tesoro materiale -.

- La stessa cosa succede nella nostra vita –
disse il saggio – la fortezza è questo mondo, il nostro corpo e i nostri averi. Tutte quelle cose che pensiamo di possedere in definitiva sono vuote o comunque svaniranno nel nulla. Tutti gli sforzi che facciamo per conquistare qualcosa di materiale inevitabilmente ci lasceranno con un pugno di mosche, perché tutto è effimero, passeggero…vuoto. E alla fine della vita, quando staremo per esalare l’ultimo respiro, realizzeremo con forza quanto queste parole siano vere, perché comprenderemo senza ombra di dubbio che non potremo portare con noi neanche un granello di sabbia. Non solo, la cosa più terribile è che in quel momento sentiremo un vuoto molto “denso” che ci sta risucchiando senza che noi possiamo fare nulla per sfuggirgli. Il vuoto come destinazione ultima – disse il vecchio sottovoce come parlasse tra sé – non è terribile tutto ciò? -

- Allora – chiese il giovane sconfortato e in lacrime – noi siamo un vuoto? Non abbiamo quindi nessuna speranza? – - No! – rispose il vecchio – Non è così per tutti. Alludevo a quelle persone che si dedicano solo ed esclusivamente ad attività “esteriori”, che non coltivano il Mondo Interiore, che fanno del possesso il loro unico scopo. Persone che non creano un nucleo interiore di Consapevolezza, di Conoscenza (non di sapere bada bene) e di Amore. Chi non coltiva il proprio mondo interiore, sotto la guida di chi sa cosa fare e come fare, è come se avesse speso tutti i suoi beni per costruire una fortezza che non custodisce proprio nulla. Mentre invece i propri beni, cioè la capacità di Sentire, di Pensare, di Volere, di Fare e di Amare devono essere spesi per costruire il proprio mondo interiore in accordo e in Armonia con le Leggi del Grande Mondo Esteriore che ci ha generati.

Ma devi capire che le ricchezze del proprio mondo interiore non sono materiali. Né terra, né acqua, né fuoco, né aria, né etere. Le ricchezze del mondo interiore sono fatte di un’altra “sostanza”, se così la vogliamo definire. Una sostanza che si “solidifica” in noi, scusa il termine, solo grazie alla “frizione” tra le due Forze opposte: quella Positiva e quella Negativa, cosa che sanno bene gli studiosi della Legge del Tre e del Sette (o delle Ottave).
Quella frizione, chiamata anche sforzo cosciente, o sofferenza volontaria, e che viene messa in atto grazie ad un lavoro di Scuola di Ricerca Interiore portato avanti in modo cosciente e volontario, genera una Terza Forza che viene chiamata “Forza di Riconciliazione” o Armonizzatrice, e in tanti altri modi.

La frizione, dovuta alla lotta tra il mondo interiore della personalità condizionata del Ricercatore (cioé contro i condizionamenti e le abitudini interiori propri ad ogni uomo) e la lotta contro le forze esteriori che si oppongono alla realizzazione dei nostri desideri genera un “nuovo” mondo, se così vogliamo dire. Quel nuovo mondo è l’Essere, il solo che può dire: Io Sono. E solo l’Essere ha il Potere di Fare e di Amare veramente. Ma forse per oggi ti ho stancato, amico mio, perciò rimandiamo ad altri momenti queste discussioni.

Però ti voglio lasciare con un dono che, se usato da te con convinzione, determinazione e costanza, può aiutarti enormemente (coadiuvato dalle pratiche che già sai, naturalmente) a stabilire un “nucleo interiore di consapevolezza e di forza”.

Ti lascio con una Formula, un Mantra, una Evocazione di Potere…chiamala come vuoi, ma usala, e stampala a lettere di fuoco nel tuo cuore. Quando la userai fallo col massimo della concentrazione, mantenendo l’attenzione al Plesso Solare (nel quale farai riecheggiare queste parole di potere) e ad una parte qualsiasi del tuo corpo fisico. Il potere di questo mantra sta nella sua forza di suggestionare la nostra mente distratta e suggestionata da mille cose esteriori e interiori. Sappi che ogni essere umano e vittima di infinite autosuggestioni e che noi siamo quello che pensiamo di essere.

La Formula è questa:


IO SONO
E POICHE’ IO SONO
IO HO IL POTERE
DI SENTIRE
DI PENSARE ATTIVAMENTE
DI VOLERE
E DI FARE
IN NOME DELL’AMORE




Non posso parlarti ora del perché di ogni singola parola di questo Mantra, né del potere che l’autosuggestione esercita costantemente (e inconsapevolmente) sull’uomo, perché ormai non riesci più a seguirmi.


Perciò ti ripeto che anche questa Formula può essere definita “autosuggestione”, all’inizio, però funziona come il famoso “chiodo scaccia chiodo”.

Queste parole sono molto efficaci per aiutarti a liberarti dai mille condizionamenti e identificazioni dovuti proprio alle innumerevoli autosuggestioni di cui ogni essere umano è vittima sin dai primi anni di vita.
Per via di queste autosuggestioni l'uomo non è libero di pensare e di sentire autonomamente. E senza pensare e sentire autonomamente non gli è possibile volere e fare ciò che vorrebbe veramente.

Libertà! Già, ma chi vuole essere libero di questi tempi?

Usa questa formula giorno e notte. Immergiti nel suono delle tue parole e nel loro significato profondo...e credici con tutto te stesso, poi ne riparleremo.

venerdì 11 dicembre 2009

RIPROPONGO IL MIO VIDEO: YOGA SCIENZA DI VITA

In questo lavoro ho cercato, attraverso parole, immagini e musica, di riportare alcuni passi importanti tra quelli che ritengo essere il massimo insegnamento sullo Yoga e la Meditazione.
Questi insegnamenti (unitamente alla pratica) conducono all'Autorealizzazione riguardo alla nostra Natura Originale ma, naturalmente, non possono essere compresi se non da chi cerca seriamente e pratica con assiduità con lo scopo di comprendere se stesso e la vita fuori di sé.
Un'ultima cosa: lo Yoga difficilmente senza la Ricerca Interiore può portare dei frutti concreti, utili anche agli altri. Infatti esiste un lavoro propedeutico (o complementare) allo Yoga da portare avanti insieme allo Yoga, quel lavoro appunto (le tre osservazioni, lo studio dei centri, eccetera) che conduce a conoscere a fondo la nostra personalità condizionata dalle nozioni, abitudini sociali e familiari e falsi valori.
Questi condizionamenti, abitudini e modi di fare esteriori sono tutto ciò in cui ci siamo identificati. Ci siamo identificati nella superficie, nella buccia, dimenticando il frutto polposo, succoso e saporito che abbiamo all'interno: il nostro Mondo Interiore, ciò che noi siamo realmente.
Col lavoro di Ricerca Interiore si può arrivare a comprendere che la buccia è importante e indispensabile per proteggere il frutto, ma non ha alcun valore senza il frutto che contiene, perché è dal frutto che la buccia ricava il suo "nutrimento".
Il frutto ha una Essenza che possiamo cogliere nel suo gusto e odore.
Senza l'Essenza niente frutto e...senza il frutto la buccia si inaridisce, si secca e muore.

giovedì 10 dicembre 2009

FARE MUSICA COI VEGETALI FRESCHI

Loro sono la Vegetable Orchestra.
E' un gruppo di dieci componenti (architetti, artisti, scultori, poeti, disegnatori) nato in Austria nel 1998 e che tiene concerti in tutto il mondo usando solo ed esclusivamente vegetali freschi: carote, zucchine, melanzane, cavolfiori, eccetera, comprati e modellati da loro personalmente. La loro musica spazia dal Free Jazz, alla musica contemporanea, a quella orientale o elettronica sperimentale.
Guardate che roba.


mercoledì 9 dicembre 2009

PHILIPPE PETIT: UN FUNAMBOLO COI...FIOCCHI E CONTROFIOCCHI


Quest'uomo si è tolto il gusto di camminare, sospeso nel vuoto, tra i più alti grattacieli del mondo, comprese le Torri gemelle.


Ma Philippe Petit non è solo un funambolo, è una specie di folletto che sa fare un po' di tutto: il giocoliere, montare e smontare di tutto...anche scassinare e aprire serrature. Raccontava a "Che tempo fa", un paio di settimane addietro, che è stato arrestato più di 500 volte per le sue pazzesche acrobazie (improvvisate senza permesso né preavviso) e che una volta, dopo che i poliziotti lo avevano ammanettato, approfittando di un loro momento di distrazione con una spilla si era aperto le manette e si mise a parlare con loro gesticolando con le mani sciolte senza che questi ci facessero caso.


Attualmente vive nella Cattedrale Gotica di New York. Occupa una parte dell'edificio ed ha anche una cantina ben fornita. Questo dono gli è stato fatto dal Vescovo (o arcivescovo, non ricordo bene) perché Philippe lo ha aiutato a raccoglire fondi per la costruzione delle torri (una delle quali credo sia ancora incompleta). Philippe raccontava scherzando che quando l'ecclesiastico gli ha proposto di andare a vivere nella Cattedrale gli ha detto: "Ma io non credo in Dio". "Non importa" gli ha risposto il Vescovo, "E' Dio che crede in te".




lunedì 7 dicembre 2009

TAI CHI: LA DANZA DELL'UNITA' E LA SCOPERTA DEL VERO AMORE


Com'è difficile vedere l'Unità nella molteplicità.

Per arrivare a questa "visione" e conservarla stabilmente è necessaria una "espansione" di coscienza tale da farci vedere che la dualità è solo una necessità (ma anche una limitazione) mentale.
La mente per conoscere ha bisogno di stabilire degli opposti: bianco e nero, giorno e notte, pieno e vuoto, eccetera.
Yin e Yang.
Ma credo sia sbagliato dire Yin e Yang, c'è una e di troppo; più corretto è dire Yin-Yang. Infatti sono inseparabili.
Per questo (al fine di una visione unitaria) occorre far tacere la mente catalogatrice, quella che esamina, misura, paragona, divide, giudica...
La molteplicità esiste, ma fa parte di una vasto "disegno" che, in ultima analisi è un'unico disegno. Al riguardo possiamo immaginare una serie infinita di frattali che presi singolarmente sembrano unità a se stanti, ma se allontaniamo il campo visivo si rivelano parte di un disegno ben più vasto.
E badate bene che stiamo parlando di un disegno spazio-temporale.
Così, praticare la Forma del Tai chi è un modo fisico-energetico per superare le barriere dualistiche del tempo, dello spazio e dei contenuti mentali per accedere ad un "spazio" unitario e viverlo direttamente, come un'esperienza che non è solo capita teoricamente. Poi, col tempo, quella che è stata una breve esperienza si ripete, e si ripete sempre più spesso (dipende da quanto pratichiamo e da quanto cerchiamo di portare nel quotidiano ciò che abbiamo sperimentato nella pratica).
Far tacere la mente e agire.
Se lo facciamo sempre più spesso, sempre più spesso la mente tace e, quando lei tace, c'è unità.
E pian piano si manifesta un'altra coscienza e un'altra morale (non più condizionate da ruoli sociali, da identificazioni), un altro modo di stare nella vita, con gli altri...con noi stessi.
E tutto questo porta all'Amore, quello con la A maiuscola.
Chi scrive non vuole essere ipocrita, quindi confessa di sperimentarlo a "singhiozzo". Un po' come le frecce dei carabinieri: ora sì, ora no...La visione amorevole della vita e degli altri in me non è ancora stabile. Ancora mi capita di cadere nel giudizio, nella critica...nella divisione...di identificarmi e cadere nei miei contenuti mentali.
Ma ho toccato "qualcosa", e tanto mi è bastato per incoraggiarmi a continuare. E uso tutte le armi a mia disposizione: lo Yoga, il Tai chi, la Meditazione, lo studio, l'ascolto di musica armoniosa, l'osservazione silenziosa e acritica della Natura: il Sole, fiori, uccelli, nubi...tutto è così bello...amorevole.
Io credo che il Tai chi può essere di enorme utilità a questo scopo: fermare la mente, entrare nel silenzio e vedere le bellezze naturali che ci circondano (anche se non si vedono solo quelle, si sente anche il caos acustico e si vede la confusione che ci circonda, altrimenti non sarebbe una visione vera ma pura immaginazione).
Praticare la Forma non è una semplice ginnastica o un'arte marziale, ma un modo per lasciar cadere la mente. Allora entriamo nell'eternità, nel continuo fluire della vita, dove non c'è un prima e un dopo, un qui e un là, ma un fiume incessante di energia che io chiamo Amore.

venerdì 4 dicembre 2009

PA TUAN CHIN (GLI OTTO PEZZI DI SETA (O DI BROCCATO)


Il Pa Tuan Chin fu strutturato nel XII sec. d.C. dal generale cinese Yueh Fei sulla base dei 18 esercizi fatti praticare da Bodhidharma ai monaci Shaolin. Il generale faceva praticare questi esercizi ai militari per rinforzare il loro organismo e prepararli alla dura disciplina marziale.

Il Pa Tuan Chin fa parte del Qigong, il quale a sua volta ha le sue radici nel Taoismo ed è collegato alla Medicina Tradizionale Cinese (MTC), così come lo è l'Agopuntura, lo Shiatsu, eccetera.
Il Taoismo (e quindi anche il Qigong) presenta molte affinità con lo Yoga.

Il Qigong è un corpus di conoscenze e metodi pratici che hanno lo scopo di armonizzare lo scorrere del Qi (o Chi, cioè l’Energia) nel nostro organismo. Esso parte dal principio che il nostro corpo (microcosmo) è un piccolo universo a sé inserito nel grande universo (Macrocosmo) col quale vive un rapporto di interdipendenza e di scambio energetico. Ogni cambiamento nel Macrocosmo causa un mutamento anche nel nostro “piccolo” mondo. Ma cattive abitudini (ad esempio alimentari) dovute ad una “frattura” nel “sentire” come vivere naturalmente in armonia con l’ambiente circostante, o il variare dei luoghi e delle stagioni, creano scompensi nel nostro organismo psico-fisico con conseguenti danni alla salute.

Non vi è spazio qui per parlare del Qi primordiale, dello Yin e dello Yang, dei Cinque Movimenti o dei Meridiani Ordinari e Straordinari (o Curiosi) attraverso cui il Qi scorre "sottilmente" nel nostro organismo formando il sangue e la linfa vitale e andando a nutrire gli organi corrispondenti, d'altronde chi vuole può trovare informazioni a iosa, anche in rete.

Sarà sufficiente, quindi, dire che ognuno di questi movimenti (proposti nel video) “sblocca” l’energia stagnante, facendola scorrere lungo i canali energetici ed andando a nutrire gli organi corrispondenti (perché collegati ai singoli canali, o Meridiani). Meglio ancora se praticati prima della Forma di Tai chi.

Nelle mie ricerche ho trovato diversi modi di praticare il Pa Tuan Chin, con leggere varianti. Io ho scelto questa perché è sintetica, senza fronzoli e mi sembra che renda in parte quello che questi esercizi possono offrire.

E’ inutile ripetere che occorre una guida per praticare proficuamente il Qigong, il Tai Chi o lo Yoga. Il Qigong non è una semplice ginnastica e non consiste solo di movimenti fisici ma, a questi ultimi, vanno sempre associate la respirazione corretta e la giusta focalizzazione mentale.

Alcuni dei benefici dei movimenti nell’ordine del video.
1) Spingere il cielo con le mani e la terra con i piedi: – rinforza il diaframma, aumenta l’ampiezza del torace, aiuta a correggere la postura, fa circolare l’energia in tutto il corpo, dai piedi alle mani..
2) Tendere l’arco a destra e sinistra: – rinforza il torace e gli organi della cavità toracica. Favorisce la concentrazione.
3) Portare una mano al cielo e l’altra alla terra: - stira i canali dello stomaco e della milza. I suoi benefici si estendono anche al fegato e alla cistifellea. Inoltre rinforza i dorsali, i trapezi, i deltoidi e le gambe.
4) Guardare a destra e sinistra: - toglie la stanchezza, rinvigorisce il sistema nervoso, fortifica i muscoli del collo (se associamo anche i movimenti degli occhi fortifichiamo anche i muscoli oculari).
5) Oscillare la coda e la testa come un orso: - rinforza i muscoli della cintura addominale, il diaframma, il cuore e tutto il corpo in generale.
6) Afferrare le dita dei piedi: - rinforza il torace, tutti i muscoli posteriori del busto e delle gambe, il bacino. Inoltre fa bene ai reni (che sono il “luogo” dove il Chi cosmico si converte in Chi individuale), agli organi della riproduzione e tutti gli organi interni in generale. Inoltre si apporta nuova energia alla testa (al cervello ed alle ghiandole endocrine situate nel cranio).
7) Sferrare un pugno a destra e sinistra: - rinforza tutto il corpo e lo ricarica di energia.
8) Far vibrare il pilastro di giada (battere i talloni a terra): dà una sferzata a tutto il sistema energetico.




martedì 1 dicembre 2009

IL LIBRO DEL MESE: IL DOMINIO DI SE STESSO


Un mio modesto parere: - Da millenni l'uomo indirizza i suoi sforzi verso la conquista e il dominio delle razze più deboli, ma la giusta conquista e la vera forza stanno nel dominio di se stessi, cioé dei propri automatismi inconsapevoli -.


Nel consigliare questo libro (così come altri libri) voglio precisare che non necessariamente ne condivido tutto il contenuto, ma lo trovo molto interessante ed utile.

Il Dominio di se stesso (ed. Paoline, 1986) è stato scritto da Paul Chauchard, laureato in medicina e scienza, psicofisiologo e specialista della fisiologia del sistema nervoso, all'epoca direttore dell'Ecole des Psychologues Praticiens.

Nel retro di copertina leggiamo: "In questo libro l'autore parte dal presupposto che non è possibile essere veri uomini senza aver prima imparato ad usare correttamente la propria volontà. Il cervello è l'organo attraverso cui essa si esprime: di qui l'obbligo di prevenire i pericoli costituiti dall'ignoranza e il dovere di un'educazione positiva che miri cioé prima di tutto a volere il bene, civilizzandoci, socializzandoci con l'applicazione di tecniche (yoga, ecc.) che a una psicopedagogia della volontà risultano indispensabili".

Ho trovato questo libro un lavoro molto interessante ed utile per chiunque voglia seperne un po' di più su se stesso e sul perché dell'importanza di certe "autodiscipline".

Come dice l'autore: "Essere attento significa mettere il cervello sotto il controllo dell'io cerebrale; essere distratto vuol dire lasciarlo funzionare (meccanicamente) a sua insaputa...Tutto è nel nostro cervello, ma dobbiamo imparare ad assumerne il controllo...C'è in noi una "macchina" per pensare grazie all'associazione delle immagini del mondo esterno e del loro equivalente verbale...Bisogna imparare ad essere attenti per non essere schiavi di automatismi cerebrali...".


venerdì 27 novembre 2009

I FIORI DI KAMA - UN VIAGGIO A KHAJURAHO PER CURARE L'IMPOTENZA


Se la vostra libido è spenta o in forte declino vi consigliamo di partire urgentemente per Nuova Delhi, la capitale dell'India, portandovi dietro una gnocca prosperosa e focosa.
Una volta arrivati a Delhi volate urgentemente verso Khajuraho (circa 620 km a sud della capitale, nello stato del Madhya Pradesh) sempre senza perdere di vista la gnoccona (e se non ve l'hanno confiscata alla dogana).
A Khajuraho vi aspettano circa 22 templi (in origine erano 80, edificati tra il 950 e il 1050 dai sovrani del clan Chandela della dinastia Rajput) di una bellezza mozzafiato (ma anche molte guide turistiche affamate...forse non solo di soldi...occhio alla topolona).


Questi templi hanno la particolarità (che potrete notare nel video allegato) di essere interamente ricoperti di sculture erotiche per niente volgari, ma molto, molto stimolanti.

Sicuramente, grazie alla visione di centinaia e centinaia di sculture che raffigurano accoppiamenti di ogni genere, alle descrizioni particolareggiate della guida (che mentre descrive le scene erotiche sorride sornione alla vostra gnoccona) e al canto degli uccelli, sarete già sulla buona strada per tornare ad essere un bel torello.
Se poi, dopo la visita ai templi, vi concedete un buon pasto indiano (molto speziato con curcuma e zafferano) e partecipate ad una puja in onore dello Shiva Lingam, il gioco è fatto. E' sicuro che di lì a poco farete scintille.

Attenti solo a non perdere mai di vista la gnoccona, soprattutto se è stata la guida stessa a "offrirsi" di accompagnarvi a pranzo e alla puja, basta un attimo di distrazione e i due si dileguano in qualche vicolo semibuio e...

...una volta risvegliata la libido a Khajuraho non è facile trovare una tangenziale frequentata da lucciole. Correte il rischio di ricorrere al vecchio metodo "manuale".


Buon viaggio.


martedì 24 novembre 2009

ROLAND DYENS IN UNA ESECUZIONE STREPITOSA ALLA CHITARRA

Classe 1955.
Tunisino di nascita.



Chitarrista, arrangiatore e compositore strepitoso che ama attingere alla musica Jazz e Folk (nonché improvvisare) pur non disdegnando la musica classica.
Il suo strumento è la chitarra, che insegna al Conservatorio Superione Nazionale di Musica a Parigi.
Questa esecuzione si intitola Fuoco (che fa parte di Libra Sonatine assieme a India e Largo).

Buon ascolto.


L'UOMO E L'OMBRA


Esiste un uomo in noi.
Un uomo magico, fulgente, libero, creativo. Quell'uomo è il nostro vero Sé.

E poi esiste l'ombra. Un ombra che si è impossessata del corpo e dei pensieri. Un ombra che al mattino veste i panni dell'essere sociale, indossa la divisa e va al lavoro al servizio di idee che non capisce ma che muovono ogni suo gesto...ogni sua parola.

L'ombra è inconsapevole, incolore, abitudinaria, insensibile, incapace di pensare autonomamente e...capace di ogni atrocità.

I Capi Ombra fanno credere alle ombre schiave che l'Uomo Vero, l'Uomo Libero non esiste, che è solo una fantasia inventata da pazzi squilibrati e che l'unica realtà è l'uomo sociale e politico. Perciò l'ombra deve servire il Sistema: produrre, consumare, fare la guerra alle altre ombre e...attenersi alle Regole dettate dai Capi Ombra.

Cosi l'ombra fa da ombra ad altre ombre.

Essi, i Capi Ombra, hanno relegato il Vero Uomo nei regni dell'Inconscio, pensando così di essersene liberati per sempre. Hanno definito il Regno dell'Inconscio un "luogo oscuro", dove è meglio non andare a ficcare il naso. E le piccole ombre ci hanno creduto, perciò hanno paura di andare a visitare l'Uomo Vero e...rinunciano alla Vera Luce.

E intanto lui (l'Uomo di Luce) che fa? Sonnecchia?

A volte. Altre volte osserva, studia la situazione e attende paziente.

Non ha fretta lui. Sa che l'ombra è solo un miraggio, un riflesso di se stesso...un riflesso della Realtà.

Lui guarda l'ombra scimmiottare il vero sé e a volte sorride, altre volte no.

Tempo verrà che deciderà di prendere possesso di ciò che gli appartiene, ma aspetta che i tempi siano maturi e...che sia l'ombra stessa a chiedergli a gran voce di prendere lo scettro del comando, di prendere in mano la situazione.

E finalmente l'ombra farà ciò che tutte le ombre hanno sempre fatto: seguire fiduciosa l'Uomo Vero, non altre ombre, perché questa è la sua natura, la sua funzione...e insieme saranno Uno.

sabato 21 novembre 2009

venerdì 20 novembre 2009

PICCOLI RISVEGLI - LE INFINITE SFUMATURE DELLA CONSAPEVOLEZZA


Generalmente si pensa che la consapevolezza o c'è oppure non c'è...cioé: o tutto bianco o tutto nero.
Ma non è esattamente così, la consapevolezza ha infinite sfumature e ogni volta che diveniamo coscienti di una sfumatura in più di un oggetto, di un fatto, di una persona, noi ne siamo più consapevoli.
Due persone stanno assistendo ad una rappresentazione teatrale del Flauto Magico, un Singspiel in due atti musicato da Mozart. Entrambi sono attenti e...consapevoli. Ma la prima è una persona senza uno specifico addestramento all'ascolto musicale e che ignora tutto di Mozart e dell'opera in questione. Questa persona ignora la trama, la forma musicale (in questo caso un mix di Lied viennese, Corale Luterano, Aria italiana e Recitato accompagnato secondo il modello di Gluck), la Struttura dell'opera o gli Elementi culturali (come il fatto che l'opera è ambientata in un Egiito presentato in una dimensione fiabesca e fantastica).


La seconda persona, seduta proprio di fianco, è invece una persona colta, un musicista (addestrato all'ascolto) e cultore di Mozart.


Chi pensate che abbia più consapevolezza di ciò a cui sta assistendo, il primo o il secondo uomo?


Certo, sì lo sò, qui entrano in ballo anche la sensibilità e l'attenzione ma....è proprio qui che volevo arrivare: il secondo uomo è "addestrato" all'ascolto = sensibilità+attenzione.


E' proprio il continuo addestramento che ci porta ad affinare la sensibiltà e...la capacità di essere concentrati per cogliere sempre più sfumature dei fatti che ad ogni istante la vita ci sbatte sotto il naso.


E il principale ostacolo da rimuovere consiste nel pensare di aver già colto tutto quello che c'era da cogliere: "Ormai quella persona la conosco bene, sò com'è fatta, conosco tutto di lei". Errore gravissimo. Tu sai, di quella persona, solo ciò che sei riuscito a cogliere, e solo di quello sei divenuto consapevole, ma vi possono essere (anzi sicuramente ci sono) migliaia di aspetti, di sfumature psicologiche, caratteriali ed emotive di quella persona che non vedi, ma proprio non vedi, e non vedresti neanche se la guardassi col binocolo o ai raggi X (proprio perché ti sei sclerotizzato sull'idea che ti sei fatto di quella persona).


E com'è con le persone così è con tutti i fatti del giorno, dai fatti sociali a quelli politici, dalle questioni familiari a quelle lavorative, eccetera eccetera.


C'è sempre qualcosa in più da scoprire e di cui divenire più consapevoli.


Per questo nello Zen si dice: "Mente Zen, mente di principiante".
....la Ricerca continua...




martedì 17 novembre 2009

IN OCCIDENTE SI IGNORA IL CONCETTO DI "VIA", PER QUESTO IL VERO YOGA STENTA A DECOLLARE




Il maggiore ostacolo che un insegnante di Yoga incontra nella trasmissione del suo sapere teorico-pratico è quello di far comprendere agli aspiranti cos’è lo Yoga e perché è di vitale importanza per ognuno di noi.

Senza la comprensione profonda di cosa sia una “Via di autorealizzazione” non si avrà mai la spinta per compiere gli sforzi che uno Yoga serio richiede.
Oggi va bene lo Yoga per rilassarsi, per stare meglio in salute…per farsi delle pippe mentali, questo va bene ed è anche compreso dai più colti, ma lo Yoga come Via di autorealizzazione non trova posto nella mente dell’uomo moderno. Perché succede questo? E cosa è una Via?

Cos’è una Via? Lo dice il nome stesso: una Via è un percorso tracciato in epoche antichissime (e sempre rinnovato nei secoli, adeguandolo ai tempi correnti) da, diciamo così, “pionieri” della Ricerca della Verità. Ricerca cioè delle risposte alle eterne domande dell’uomo: Chi sono io? Cos’è questo mondo? Cosa ha fatto sì che “io sia” e tutto ciò che mi circonda “fosse”? Una Via conduce al Cuore del Divino, all'essenza stessa della Divinità.

Chi ha avuto la fortuna di incontrare delle guide serie e “realizzate” sa che noi siamo un Essere (che va realizzato) ed una Coscienza (in formazione) di cui divenire consapevoli. Ma queste restano solo parole se non si compie un percorso teorico-pratico ben strutturato che abbia come fine il realizzare l’Essere ed acquisire consapevolezza della propria Coscienza individuale prima, e della Coscienza universale poi.


Per realizzare l’Essere è necessario un percorso di Ricerca Interiore (propedeutico allo Yoga ed indispensabile per praticare proficuamente le pratiche Yoga). Mentre lo Yoga porta ad arrestare i continui processi mentali, offrendoci la possibilità di accedere ad uno “spazio” d’osservazione differente, in cui semplicemente “si è” e si è coscienti di essere il Testimone ed il Fruitore delle miriadi di fenomeni interni ed esterni. Inoltre, per sua stessa natura, lo Yoga porta alla presa di coscienza ed alla “fusione” col Supremo Testimone e Fruitore, quello che in India è conosciuto come Paramatma (nella sua espressione di Anima Suprema presente nel nostro cuore); oppure conosciuto come Maha Purusha (il Supremo Fruitore).
Noi viviamo nel Brahman (il mondo di Brahma), cioè l’Oceano di Vita, Coscienza e Beatitudine che è l’origine, il sostegno e il fine di tutto ciò che in Esso si evolve. Brahman è l'intero Universo in tutte le sue dimensioni e noi non siamo differenti da Esso.

Parabrahman, invece, che in Occidente chiamiamo “il Padre”, ha una enorme differenza da come viene presentato nelle religioni di tutto il mondo.
Parabrahman (che come dice la parola sta oltre il Brahman, la manifestazione) è il Padre, il Brahman Nirguna (senza attributi), l’Immanifesto, l’Inconcepibile, che nel suo aspetto manifesto “fecondando” la Prakriti (la Natura, la parte Femminile del Divino) dà inizio alla produzione di fenomeni.


Sicuramente vi ho confuso, scusatemi, ma continuo imperterrito.


Nella Via il Padre non è identificato come un Essere esterno a noi da raggiungere (o peggio da cui ottenere un qualche perdono o favore) ma viene presentato come “fuso” con la Prakriti: qui, nella manifestazione, Spirito e Materia sono eternamente abbracciati. Ma il suo stato puro (quello del Padre Immanifesto) è al di là dell'essere, è nel "regno" del non-essere, perciò non so se qualcuno può sperimentarlo. Quello che possiamo sperimentare qui è che assieme, Purusha e Prakriti, sono l’Oceano della Vita da Cui siamo nati, in Cui siamo e ci muoviamo...dobbiamo solo prenderne
coscienza...e vi assicuro che ciò è possibile con lo Yoga.

In definitiva noi siamo scintille del Divino fuse con la Materia (la Prakriti, appunto). Entrambi sono aspetti del Divino e il nostro fine è divenirne consapevoli attraverso l'esperienza diretta e…imparare a gestire (non sottomettere, reprimere o rifiutare) la Materia-Natura (a iniziare dal nostro corpo) la cui forma pura è ben al di là di ciò che noi identifichiamo come corpo, materia o natura.

Riguardo alla materia (o al corpo) qualcuno ci ha fatto credere che essa sia peccaminosa e vada repressa, dominata, ma non vi è nulla di peccaminoso nella materia.


Oppure c'è chi sostiene che la prova che si è divenuti consapevoli della nostra Natura Divina consista nell’aver risvegliato le facoltà sovrannaturali (conosciute come siddhi nello Yoga) e se non hai delle siddhi non stai facendo progressi nello Yoga, ma non è esattamente così. Semplicemente si può prendere coscienza di essere “esseri magici”, “divini”, di “natura trascendentale” e allo stesso tempo continuare a svolgere le stesse occupazioni di sempre. Quando ci si risveglia è il livello di coscienza che è cambiato, è cambiata la visione del mondo e di noi stessi.



Inoltre si comprende che tutto è magia, tutto è meraviglioso: un fiore che sboccia, la pioggia che cade, un fiocco di neve, il cibo che nel nostro corpo si trasforma in sangue…e si comprende che noi abbiamo già meravigliosi “poteri”: il potere di parlare, di muoverci nello spazio, di pensare, di entrare in empatia con le altre forme viventi, di trasformare gli elementi che ci circondano in qualcos’altro…come quando cuciniamo...
Quindi, col "risveglio" si prende coscienza di ciò che già c'è, che c'è sempre stato, solo che lo si vede in modo differente.



E poi...l'evoluzione non finisce col Risveglio, col Risveglio finisce solo l'evoluzione umana...la Via porta ben oltre l'umana evoluzione...ma di questo non posso rendere testimonianza perché non ne ho diretta esperienza.

Anche se quanto ho appena detto sono solo parole (tra l’altro poche e, forse, male espresse) mi auguro siano servite ed esprimere cosa si intendeva anticamente in Oriente per Via (una Via che ancora esiste, viva e palpitante): un percorso teorico-pratico (sotto la guida di chi sa e sa come fare) che porta a realizzare l’Essere e acquisire la Coscienza...e conduce a divenire consapevoli che tutto è magia.
Quando ciò avviene non si può che essere pervasi da un continuo stupore.


Allora guardare un’ape che succhia polline da un fiore ci riempie di stupore, guardare il Sole e le stelle ci riempie di infinito stupore, sentire brividi di piacere mentre si riceve una carezza ci riempie di infinito stupore...e riconoscenza….mangiare o respirare, con una simile consapevolezza, diviene un atto di magia vissuto con sacralità e…indovinate?...riconoscenza.

Comunque il punto che volevo mettere in evidenza sta nel fatto che in Occidente il concetto di Via è ignorato. In India esiste il concetto di Dharma, in Cina è il Tao, mentre in Giappone viene chiamata Do. L’Universo stesso segue una Via (Uni versus) e se parlate a un orientale colto della Via almeno avrete un punto fermo su cui basare i discorsi (anche se poi dovrete faticare per raddrizzare il loro concetto di Via, perché nei secoli si è un po’ alterato).


Il grosso danno che le religioni (Cattolicesimo, Islamismo e Induismo) hanno prodotto sulle coscienze umane credo consista nell’aver scambiato il concetto di Via con quello di Dogma, di Fede…di Regole e Comandamenti da seguire supinamente e ciecamente per ottenere il “favore” divino, pena la dannazione, la scomunica, l’esclusione dal Paradiso (in sanscrito Para desha = Terra superiore).

Le religioni hanno spostato tutto sul piano morale. Nella Via non esiste la cosiddetta morale, non vi sono peccati da scontare...non vi è un peccato originario. La Via è pragmatica: causa-effetto, se fai questo avrai quella conseguenza, se fai quest’altro l’effetto sarà diverso. La Via non contempla l’idea di Inferno (nell’Induismo vi sono diversi inferni: di ghiaccio, di fuoco, degli spiriti insaziabili….ce n’è per tutti i gusti).

Per le religioni noi non siamo degli esseri in crescita, in evoluzione. Per loro noi siamo dei peccatori da redimere. Grazie a questo ci tengono sotto controllo. Loro (i preti) dicono che andiamo già bene così, basta che smettiamo di fare questo e quest’altro e poi tutto è ok.

Per la Via il discorso è più complesso (o più semplice, dipende dai punti di vista): noi abbiamo già una Natura Originaria Divina e Magica, dobbiamo solo divenirne consapevoli liberandoci del “fardello” delle opinioni su noi stessi e sul mondo che ci sono state “innestate” nella mente.
A questo serve il Silenzio mentale, a questo serve la Meditazione: liberare la mente dalle opinioni e dai preconcetti per avere una visione diretta, “fresca” e limpida dei fenomeni che avvengono dentro e fuori di noi e, come in un gioco di specchi, di specchio in specchio, da effetto a causa, risalire la china per scorgere la Causa Prima che si riflette negli specchi (le infinite forme fisiche o mentali) ma la cui origine sta oltre gli specchi stessi e realizzare che siamo sempre stati in unità col Divino: questo è Yoga.

domenica 15 novembre 2009

venerdì 13 novembre 2009

ROBERTO SAVIANO A CHE TEMPO FA - QUANDO UN UOMO DI CORAGGIO PARLA DI ALTRI UOMINI E DONNE CORAGGIOSI


Dall'inferno alla bellezza...


Mentre Roberto Saviano parlava, nello studio di Che Tempo Fa, si poteva percepire nell'aria una sostanziale differenza rispetto a ciò che di solito si vede in tivù.
La differenza consisteva nell'intensità e nel sostanziale coinvolgimento, onestà e dignità di chi stava parlando. Un giovane scrittore coraggioso stava parlando di altri scrittori, giornalisti e artisti anch'essi uomini e donne di coraggio: Ken Saro-Wiwa, Miriam Makeba, Valrlam Shalamov e Anna Politkovskaja.
Ciò che traspariva chiaramente nella vita delle donne e uomini raccontati da Saviano (donne e uomini di oggi, non eroi d'altri tempi) era appunto il coraggio e la dignità. La dignità di persone che ancora credevano nell'essere umano e nella sua capacità di ergersi dignitosamente al di sopra della meschinità e della corruzione. Uomini e donne che avevano deciso di mettersi in gioco, di rischiare tutto: famiglia, benessere...persino la vita per denunciare i soprusi, la falsità, la violenza di uomini su altri uomini. Per difendere i diritti dell'uomo.
E poi mi ha colpito, della vita di queste persone, la forza d'animo, la capacità di resistere alla solitudine, al freddo, alla fatica, alle minacce di morte...resistere...pur nella fragilità della loro condizione umana...e continuare ad amare la vita. Anzi...nelle loro vicende si sente forte il profumo di una vita ben vissuta.


Quattordici filmati da vedere...con la speranza che qualcosa ci tocchi nel profondo.


martedì 10 novembre 2009

LIBERTA'! MA QUALE LIBERTA'?!!!


Ci hanno stretto sempre più nella morsa di un apparato burocratico-legislativo, social-lavorativo e moral-cattolico coercitivo e immobilizzante.


Grazie all'informatica, poi, e ai moderni sistemi di controllo oggi trovare un uomo libero è come cercare un ago in un pagliaio.
Dall'America all'Europa la parola Libertà viene continuamente scandita come uno slogan, mostrata come una bandiera, osannata come una conquista già avvenuta. Di fatto siamo meno liberi che mai.

Per dirla alla Lao-tzu quando si comincia a parlare di certi valori è proprio perché questi sono latitanti. A maggior ragione questo è vero per la libertà. Oggi se non ti conformi ai "ruoli" imposti dalla struttura sociale sei praticamente out.
Col passare dei secoli si è perfezionato sempre più l'apparato sociale che, come una griglia a compartimenti stagni, impone modellli precostituiti. Se non sei politico, medico, scienziato, operaio, artigiano, contadino, avvocato, promotore finanziario, attore, maestro, professore, giornalista e via dicendo non si sa bene cosa sei. Devi per forza incarnare uno di questi modelli precostituiti, appartenere ad una categoria, altrimenti semplicemente non esisti, o peggio sei socialmente inutile o pericoloso.
E il peggior guardiano di quest'apparato burocratico-moralcattolico è proprio l'opinione pubblica. Già, strano a dirsi ma siamo diventati proprio noi i guardiani del nostro vicino di casa, del nostro parente, del nostro concittadino, proprio come ai "bei tempi" dello stalinismo.

Ma siamo in Democrazia perbacco!....
A proposito di Democrazia e di opinione pubblica, riporto una paginetta da Le nozze di Cadmo e Armonia di Roberto Calasso, giusto per far riflettere su come il tempo passa. ma le fregature (per gli uomini liberi) restano sempre le stesse.
"Atene non raggiunse mai Sparta nella pienezza dell'orrore, ma non le fu mai troppo da meno. Aveva appena scoperto la libertà, questo sapore che nessuno in Persia o in Egitto avrebbe sospettato - e subito scopriva anche nuovi modi di persecuzione, più sottili di quelli praticati da Gran Re e Faraoni. Il popolo dei delatori invase la piazza e il mercato, non più come corpo occulto di polizia, ma come libero collettivo di cittadini che vogliono l'utilità pubblica. E così anche: Atene scoprì l'eccellenza del singolo - e il risentimento bruciante contro di esso. Nessuno dei grandi del quinto secolo poté vivere ad Atene senza temere costantemente la possibilità di essere espulso dalla città o di essere condannato a morte. Ostracismo e sicofanti formavano la tenaglia che stringeva la società. Potente, nella pòlis, fu la meschinità giacobina, che vi riconobbe per primo Jacob Burckhardt. L'utilità pubblica poteva richiedere le sue vittime con la stessa fiera perentorietà con cui aveva usato esigerle il dio. E se il dio si serviva di indovini o della Pizia, che parlavano in esametri e per immagini oscure, la pòlis si contentava di un apparato meno solenne. Le bastava l'opinione, quella voce pubblica, mobile e assassina, che ogni giorno guizzava per l'agorà.

Nel suo retaggio Atene non lasciò soltanto i Propilei, ma i capannelli. Esemplare della città è l'aneddoto che ci è stato tramandato da Plutarco: Un analfabeta si avvicinò ad Aristide, che non aveva mai visto, e lo pregò di scrivere il nome Aristide su un coccio. Sarebbe stato il suo voto per l'ostracismo. Aristide gli chiese: - Che male ti ha fatto Aristide? -L'analfabeta rispose: - Nessuno. E non conosco l'uomo. Ma mi disturba sentire dappertutto che lo chiamano il Giusto -. Aristide scrisse il proprio nome sul coccio senza aggiungere una parola.