lunedì 30 gennaio 2012

La Fortezza del Nulla - Seconda parte (Il Matto)


UN INSEGNAMENTO SENZA PAROLE

Per diverse settimane mi impegnai seriamente nella recitazione della Formula di Potere che il vecchio saggio, il mio maestro, mi aveva consigliato. Ma dell’Io Sono neanche l’ombra. Piuttosto mi sembrava di pronunciare parole vuote e senza senso che non intaccavano minimamente il mio carattere e il consueto “modo di fare”, così come non era cambiato il vecchio modo di vedere me stesso e il mondo circostante.

Decisi così di parlarne al maestro. Dopo avermi ascoltato attentamente il vecchio mi disse: - Sapevo che quelle parole non avrebbero sortito alcun effetto. Ma ho voluto fartele sperimentare ugualmente per farti comprendere la differenza tra il dire e il fare. Vedi, tutti i nostri propositi espressi col pensiero o a parole devono essere accompagnati dall’azione, altrimenti restano solo parole versate nel nulla. E tu lo hai visto chiaramente. Vi deve essere un sincero desiderio di cambiamento all’interno che spinge a trovare il coraggio. Il coraggio di cominciare a cambiare esteriormente, anche se a piccoli passi -,

Dopo essere rimasto un po’ pensieroso, come se soppesasse il da farsi, l’uomo ebbe un lampo di luce negli occhi. Si alzò in tutta fretta e andò a scrivere qualcosa su un foglio di carta. Poi con aria sorniona mi si avvicinò porgendomi il biglietto e mi disse: - Quello che leggi è il nome di un villaggio a tre giorni di cammino da qui. Recati in quel posto e, una volta lì, chiedi del pazzo del villaggio. Quando lo avrai trovato digli che ti mando io e…vedi di convincerlo a insegnarti i rudimenti dell’Io Sono -.

- Ad un pazzo? – gli chiesi meravigliato – Ohhh…quello è un pazzo speciale. Abbi fiducia -.

Così il mattino dopo, di buon’ora, mi incamminai diretto alla volta del villaggio indicatomi con una marea di dubbi dentro. – Come può un pazzo, fosse anche speciale, iniziarmi al segreto dell’Io Sono? – pensavo senza trovare una risposta soddisfacente. Come non bastasse fui “benedetto” da un tempo per niente clemente: neve e vento freddo mi accompagnarono per tutto il cammino.

Finalmente, anche se stremato dalla fatica, giunsi nel villaggio che mi era stato indicato. Lo trovai semideserto e coperto di neve, tutti erano rintanati in ambienti caldi e confortevoli. Poi vidi alcuni bambini che giocavano con palle di neve e mi avvicinai per chiedere informazioni.

- Mi potete dire dove posso trovare…mmm…il pazzo del villaggio? – chiesi quasi distrattamente. I piccoli monelli mi guardarono prima con diffidenza, poi cominciarono a bersagliarmi con la neve, finendo il lavoro che tre giorni di marcia avevano cominciato. Alla fine, soddisfatti e ridendo di me mi indicarono un’osteria sull’altro lato della strada e si allontanarono in tutta fretta.

- Cominciamo bene – pensai per niente rassicurato – mi sa che qui sarà dura.

Mi liberai alla meno peggio della neve che mi ricopriva dalla testa ai piedi e raggiunsi l’osteria. Dopo essere rimasto alcuni istanti a sbirciare attraverso i vetri appannati il rumoroso brulicare di gente che gozzovigliava e cantava all’interno, decisi di entrare. Nel varcare la soglia fui subito assalito da un odore ch’era un misto di pietanze cucinate, fumo del camino e piscio di pecora. Il chiasso era davvero notevole: molti parevano ballare attorno ad una strana coppia. Guardai più attentamente e vidi un uomo coi capelli arruffati, rosso in volto e…senza pantaloni (in pratica aveva il di sotto completamente nudo, come madre natura l’aveva fatto) che ballava e cantava toccando lascivamente la donna (chiaramente una donna di malaffare) mentre gli altri lo incitavano divertiti. L’uomo aveva lo sguardo di un folle e non ebbi dubbi che si trattasse proprio di colui che…colui che avrebbe dovuto iniziarmi all’Io Sono? Nooo! Impossibile!….Fui preso da un senso di nausea e uscii di corsa dal locale con l’intenzione di lasciare subito quel villaggio. Ma appena fuori l’aria fredda mi fece calmare. Pensai al mio maestro e al lungo viaggio che avevo affrontato. Non potevo andarmene senza neanche avere tentato.

Ero ancora indeciso se rientrare o aspettare fuori quando vidi aprirsi la porta dell’osteria e delle braccia che scaraventavano fuori il pazzo. L’uomo cadde a peso morto nella neve, ancora nudo dalla cintola in giù e con i pantaloni in una mano ed una bottiglia nell’altra. Gridava e imprecava contro non so chi e intanto rimaneva sdraiato sul candido manto di neve tirando lunghe sorsate dalla bottiglia.

Mi avvicinai con discrezione, mi inginocchiai e avvicinandomi ad un orecchio gli feci il nome del mio maestro. Lui mi guardò distrattamente dicendomi: - Non conosco nessuno con quel nome. – A quel punto fui preso dal dubbio: “Era lui l’uomo che stavo cercando? E come chiederglielo? Non potevo mica dirgli: - Scusi è lei il pazzo del villaggio? –

Stavo ancora immerso nei miei pensieri quando mi sentii scuotere. – E cosa vorresti? – Mi chiese l’uomo tirando un’altra sorsata del liquido non ben identificato che aveva nella bottiglia. – Ecco…il vecchio mi ha detto che potreste introdurmi alla conoscenza dell’Io Sono. – Risposi senza molta convinzione. – Mmmm – disse l’uomo – e che sarà mai questa roba? Io posso solo portarti ad essere diverso da tutti gli altri, sia dai buoni che dai cattivi, e liberarti di tutta quella immondizia che ti porti dentro. La mia è una vita molto strana ragazzo, non vedi? –

- Vvv…vedo – dissi. – Però a me sembra anarchia Il vecchio mi ha insegnato che la Regola…- - L’assenza di regole è la mia regola. L’assenza di certezze, di fissazioni, di punti fermi è la mia regola. Allora, che vuoi fare? – disse secco il pazzo. – Ci voglio provare – risposi timidamente. – Allora te ne puoi tornare da dove sei venuto – disse - Con me non si “prova”, o fai quello che ti dico oppure non se ne fa niente. – Accetto! – risposi risoluto. – Bene! – disse l’uomo porgendomi la bottiglia. – Tieni, bevi. - - Come devo chiamarti? – gli chiesi dopo una sorsata di quello che scoprii essere un pessimo vino. – E come mi vuoi chiamare? Pazzo…ehi pazzo! – disse l’uomo ridendo di gusto – sì, chiamami: ehi pazzo!…e io farò lo stesso con te.

Da quella sera iniziò il periodo più strano e più difficile della mia vita. Niente insegnamenti. Niente parole. L’uomo usava dei “metodi” che definire bizzarri è molto al di sotto di quello che erano veramente. All’inizio mi disse solo: - Sappi che sarò spietato con tutte le tue debolezze. D’ora in poi non farai più nulla di normale. In quanto alle spiegazioni, beh! quelle te le darà il tuo maestro. Qui si fa e basta -.

Per prima cosa ci legò entrambi in modo da avere solo una gamba ed un braccio liberi. Stavamo legati così tutto il giorno, anche di notte o durante i bisogni intimi. Quando camminavamo lo facevamo…a tre gambe (perché una mia gamba era perfettamente legata alla sua). Stessa cosa quando mangiavamo: io usavo un braccio, lui l’altro. Dovevamo essere diversi in tutto e per tutto dagli altri e mi insegnò anche lo sguardo del pazzo. In breve divenimmo famosi come “i due pazzi”. La gente ci insultava, ci malmenava, ci orinava addosso, ma il pazzo sembrava divertirsi un mondo in quella situazione. Però non era così per me. All’inizio mi parve veramente di impazzire. Non sapevo più chi ero né qual’era lo scopo della mia vita. Tutto il mio orgoglio, il mio amor proprio, si ribellava a quello strano “insegnamento”. Ma allo stesso tempo cominciai a sentirmi più leggero. Era come se ogni giorno perdevo parte di quella zavorra che mi portavo dietro sin dall’infanzia, sotto forma di importanza personale, identificazioni o abitudini e associazioni meccaniche.

Finché un giorno cominciai a vedere gli altri come dei pazzi insensati. Mi sembravano inconsapevoli, meccanici, scialbi, ripetitivi, pieni di stupide fissazioni e concezioni morali e sociali. Mi sembravano come dei burattini per niente liberi, ma schiavi di convenzioni che neanche avevano scelto, bensì accettate ciecamente perché così gli erano state trasmesse o, peggio, inculcate sin dalla nascita. Inconsapevoli, ecco come li vedevo, inconsapevoli e per niente liberi di scegliere.

Man mano che passavano le settimane questa nuova visione divenne stabile e cominciai a provare compassione per quelle povere persone senza “io”. E cominciai anche a divertirmi nel mio ruolo di pazzo, di diverso, anzi…di unico. Vidi con grande chiarezza come io e il mio amico eravamo molto più liberi di loro. Non avevamo tabù, né regole morali o sociali. Anzi, potevamo fare qualunque diavoleria ci saltasse in mente senza sentire sensi di colpa o attriti interiori.

Così ne parlai al pazzo. Questi, dopo avermi ascoltato mi disse: - Avevo notato il tuo cambiamento. Vedo che sei pronto per tornare dal tuo maestro -.

Ancora una volta ci ubriacammo assieme, dopodiché mi sciolse e mi abbracciò dicendomi: - E’ stato un piacere lavorare con te. Posso affermare senza timore di smentita che sei un vero Ricercatore. Ti auguro buona fortuna e…salutami il mio vecchio amico -.

L’indomani ripartii portandomi per sempre nel cuore quell’uomo coraggioso e divertente. Durante il viaggio di ritorno notai con piacere gli effetti di quello “strano addestramento”. Ormai mi sentivo libero da ogni forma di ossessione. Non mi rimaneva che conoscere fin nei minimi dettagli il significato profondo di ogni singola parola della Formula, come mi aveva promesso il saggio. Ero sicuro che ora l’avrei apprezzata e ripetuta con forza.

Continua.

sabato 28 gennaio 2012

Il Prigioniero - Arrivo all'isola

Il primo episodio di una fortunata serie televisiva degli anni '60.

Strano come possa essere successo che abbiano realizzato un lavoro simile , soprattutto nella "conservatrice" Inghilterra.

Eh sì! Perché Il Prigioniero (interpretato da Patrick Mc Ghooan) è una aperta denuncia contro una società conservatrice, rigida, schematizzata, che non permette a nessuno di "uscirne fuori", neanche all'intelligente, scaltro, coraggioso agente segreto protagonista di questi episodi.
E colui che sta nella "stanza dei bottoni" escogiterà ogni tipo di trucco per tenerlo segregato.
Però anche l'aspirante alla libertà farà altrettanto.
Bella battaglia!
Vi sono perciò sorprese a non finire. E c'è sempre chi frega e chi cerca di non farsi fregare.

Ma Il Prigioniero può essere letto anche come una metafora sulla condizione "interiore" di ognuno di noi: segregati in una struttura sociale stereotipata, edulcorata e "soporifera" (l'Isola) che ci impedisce di "volare" verso la libertà, la "nostra" libertà, qualunque essa sia.

Insomma! Una serie di episodi da vedere e rivedere. Tra l'altro ben fatti e molto divertenti.

Buona visione.


venerdì 27 gennaio 2012

Il Film - Il segreto di Nikola Tesla

Lo potete trovare interamente su You tube.
Questo è sottotitolato in italiano, molto interessante e ben fatto (c'è anche la partecipazione del grande Orson Welles).
Se non ho sentito male stanno lavorando al doppiaggio nella nostra lingua.

Un film davvero utile per chi vuole saperne di più sulla vita di questo straordinario genio e sulle "reazioni" del mondo dell'economia - o meglio - degli interessi di pochi, alle sue invenzioni.

Buona visione.




martedì 24 gennaio 2012

La Fortezza del Nulla


Ripropongo un mio vecchio racconto in tre puntate. Questa è la Prima Parte.
Buona lettura.


LA FORTEZZA DEL NULLA

(UN VIAGGIO INIZIATICO ATTRAVERSO I 22 ARCANI DEI TAROCCHI)


Un Ricercatore di Verità, dopo aver viaggiato in lungo e in largo per tutto il pianeta alla ricerca di qualcuno che gli spiegasse il senso della vita, finalmente incontra un uomo ritenuto da tutti, in quella zona, come un vecchio saggio.

Dopo molti mesi al suo servizio finalmente un giorno gli chiede: - Puoi farmi capire, per favore, chi sono io e qual è il senso della vita?

Il vecchio, dopo aver riflettuto a lungo, tirando un profondo respiro rispose: - Sappi che una spiegazione teorica non basta mai per comprendere in profondità ciò che tu mi chiedi. Occorrono anni di lavoro, di studio, di pratiche e molta esperienza. Comunque ti voglio raccontare una storia che si intitola La fortezza del nulla. -




“Un tempo ai margini del deserto viveva un ricco mercante. Quest’uomo era diventato talmente ricco che cominciò a preoccuparsi seriamente su come proteggere il suo capitale. Quindi, dopo aver riflettuto a lungo, pensò di far costruire una fortezza nel deserto, dove si sarebbe stabilito con le sue mogli e concubine, i suoi figli e i suoi servitori. Lì avrebbe custodito, tra mura fortificate, le sue immense ricchezze.

Quindi si mise subito al lavoro e servendosi di architetti qualificati iniziò a costruire una immensa fortezza con mura alte venti metri e uno spessore di diversi metri.

Ma il lavoro si rivelò molto più lungo e molto, ma molto più dispendioso del previsto, perciò dopo diversi anni di lavoro alla costruzione il ricco mercante si ritrovò con una inespugnabile fortezza (così credeva lui), un vasto numero di donne e servitori da sfamare, ma senza più un soldo. Nel frattempo i suoi affari presero una brutta piega e non avendo più denari da investire non poté più commerciare. Quindi si ritrovò a vivere alla meno peggio in quell’immensa fortezza che (per l’indigenza in cui era caduto) decise di chiamare: La Fortezza del Nulla. E veramente nulla vi era in quella fortezza, né denari, né gioielli o mobili, tappeti preziosi e quant’altro. Nulla di nulla, se non tante donne che non riusciva più a soddisfare e tanti figli e servitori che faceva fatica a sfamare, tant’è che i suoi assistiti dimagrirono considerevolmente per via della mancanza di cibo sufficiente.

Dopo molti mesi il capo di una banda di predoni del deserto, avendo sentito parlare di quella immensa fortezza, pensò tra sé: - Se qualcuno ha fatto costruire quella fortezza e ci vive dentro chissà quali favolose ricchezze vi tiene nascoste -. Quindi, dopo aver escogitato un piano d’assalto, radunò i suoi uomini e partì per andare ad impadronirsi della fortezza e del tesoro che vi era custodito.

I predoni riuscirono a trovare la fortezza, ma dopo mesi di assalti non erano ancora riusciti ad espugnarla. L’impresa si rivelò molto più difficile di quanto avevano pensato. Ma ormai erano lì da mesi. Avevano impiegato tempo e risorse e non si potevano permettere di andarsene a mani vuote. Perciò il capo decise di mantenere l’assedio a oltranza, fino a quando la fortezza non sarebbe caduta nelle sue mani.

– Quando avrò conquistato la fortezza - si disse il capo dei briganti – mi rifarò di tutte le perdite economiche subite – (Infatti aveva sperperato tutti i suoi beni per quel maledetto assedio che durava da mesi).

Ma finalmente un giorno la fortezza cadde nelle mani dei predoni, che uccisero il vecchio mercante e si impadronirono delle donne, dei fanciulli e dei servitori. Ma quale non fu la loro sorpresa quando realizzarono che nella fortezza non c’era il becco di un quattrino. Nulla, nulla di nulla.”

- Inutile dirti - disse il vecchio saggio - come finisce la storia. La cosa andò avanti all’infinito. Man mano eserciti o bande di predoni espugnavano la fortezza con la certezza di trovarvi chissà quali tesori. Uccidevano i vecchi proprietari e si ritrovavano a loro volta poveri, ma padroni di una fortezza che non custodiva proprio nulla. Nessun tesoro materiale -.

- La stessa cosa succede nella nostra vita – disse il saggio – la fortezza è questo mondo, il nostro corpo e i nostri averi. Tutte quelle cose che pensiamo di possedere in definitiva sono vuote o comunque svaniranno nel nulla. Tutti gli sforzi che facciamo per conquistare qualcosa di materiale inevitabilmente ci lasceranno con un pugno di mosche, perché tutto è effimero, passeggero…vuoto. E alla fine della vita, quando staremo per esalare l’ultimo respiro, realizzeremo con forza quanto queste parole siano vere, perché comprenderemo senza ombra di dubbio che non potremo portare con noi neanche un granello di sabbia. Non solo, la cosa più terribile è che in quel momento sentiremo un vuoto molto “denso” che ci sta risucchiando senza che noi possiamo fare nulla per sfuggirgli. Il vuoto come destinazione ultima – disse il vecchio sottovoce come parlasse tra sé – non è terribile tutto ciò? -

- Allora – chiese il giovane sconfortato e in lacrime – noi siamo un vuoto? Non abbiamo quindi nessuna speranza? – - No! – rispose il vecchio – Non è così per tutti. Alludevo a quelle persone che si dedicano solo ed esclusivamente ad attività “esteriori”, che non coltivano il Mondo Interiore, che fanno del possesso il loro unico scopo. Persone che non creano un nucleo interiore di Consapevolezza, di Conoscenza (non di sapere bada bene) e di Amore. Chi non coltiva il proprio mondo interiore, sotto la guida di chi sa cosa e come fare, è come se avesse speso tutti i suoi beni per costruire una fortezza che non custodisce proprio nulla. Mentre invece i propri beni, cioè la capacità di Sentire, di Pensare, di Volere, di Fare e di Amare devono essere spesi per costruire il proprio mondo interiore in accordo e in Armonia con le Leggi del Grande Mondo Esteriore che ci ha generati.

Ma devi capire che le ricchezze del proprio mondo interiore non sono materiali. Né terra, né acqua, né fuoco, né aria, né etere. Le ricchezze del mondo interiore sono fatte di un’altra “sostanza”, se così la vogliamo definire. Una sostanza che si “solidifica” in noi, scusa il termine, solo grazie alla “frizione” tra le due Forze opposte: quella Positiva e quella Negativa, cosa che sanno bene gli studiosi della Legge del Tre e del Sette, o delle Ottave.

Quella frizione, chiamata anche sforzo cosciente, o sofferenza volontaria, e che viene messa in atto grazie ad un lavoro di Scuola di Ricerca Interiore portato avanti in modo cosciente e volontario, genera una Terza Forza che viene chiamata “Forza di Riconciliazione” o Armonizzatrice, e in tanti altri modi.

La frizione, dovuta alla lotta tra il mondo interiore della personalità del Ricercatore e quello esteriore (cioè contro i condizionamenti e le abitudini interiori propri ad ogni uomo) e la lotta contro le forze esteriori che si oppongono alla realizzazione dei nostri desideri genera un “nuovo” mondo, se così vogliamo dire. Quel nuovo mondo è l’Essere, il solo che può dire: Io Sono. E solo l’Essere ha il Potere di Fare e di Amare veramente. Ma forse per oggi ti ho stancato, amico mio, perciò rimandiamo ad altri momenti queste discussioni.

Però ti voglio lasciare con un dono che, se usato da te con convinzione, determinazione e costanza, può aiutarti enormemente (coadiuvato dalle pratiche che già sai, naturalmente) a stabilire un “nucleo interiore di consapevolezza e di forza”.

Ti lascio con una Formula, un Mantra, una Evocazione di Potere…chiamala come vuoi, ma usala e stampala a lettere di fuoco nel tuo cuore. Quando la userai fallo col massimo della concentrazione, mantenendo l’attenzione al Plesso Solare (nel quale farai riecheggiare queste parole di potere) e ad una parte qualsiasi del tuo corpo fisico. Il potere di questo mantra sta nella sua forza di suggestionare la nostra mente continuamente distratta e suggestionata da mille cose esteriori ed interiori. Sappi che ogni essere umano e vittima di infinite autosuggestioni e che noi siamo quello che pensiamo di essere.

La Formula è questa:

“IO SONO

E POICHE’ IO SONO

IO HO IL POTERE

DI SENTIRE

DI PENSARE ATTIVAMENTE

DI VOLERE

E DI FARE

IN NOME DELL’AMORE”

Non posso parlarti ora del perché di ogni singola parola di questo Mantra, né del potere che l’autosuggestione esercita costantemente, e inconsapevolmente, sull’uomo, perché ormai non riesci più a seguirmi.

Perciò ti ripeto che anche questa formula può essere definita “autosuggestione” all’inizio, però funziona come il famoso “chiodo scaccia chiodo”. Queste parole sono molto efficaci per aiutarti a liberarti dai mille condizionamenti e identificazioni dovuti proprio alle innumerevoli autosuggestioni di cui ogni essere umano è vittima sin dai primi anni di vita.

Per via di queste auto suggestioni l’uomo non è libero di pensare e di sentire autonomamente. E senza pensare e sentire autonomamente non gli è possibile volere e fare ciò che vorrebbe veramente.

Libertà! Già, ma chi vuole essere libero di questi tempi?

Usa questa formula giorno e notte. Immergiti nel suono delle tue parole e nel loro significato profondo…e credici con tutto te stesso, poi ne riparleremo -.

lunedì 16 gennaio 2012

Ma ci pensate? Anche i luoghi e gli oggetti si muovono nel tempo e nello spazio.



Vi è mai capitato di entrare in una casa abbandonata da molti anni, ancora con i mobili, gli oggetti, i quadri lasciati esattamente com'erano quando quell'ambiente, quello spazio, era vissuto.

A me è capitato, più di una volta. Alcune di queste erano case di campagna arredate di tutto punto: tavoli da cucina, divani, letto, sedie, quadri, tende, lavamani, posate.
Tutto, c'era proprio tutto! Mancavano solo i proprietari, che sembrava fossero fuggiti di lì all'improvviso, senza aver avuto il tempo di portare nulla con loro.

Se davanti a una scena simile non ci si ferma a fare i nostalgici, e si osserva altro - la consapevolezza che in quel momento siamo situati nel bel mezzo del passato e del futuro - si può notare qualcosa di estremamente sfuggente: tutto quell'arredo, la stessa aria rarefatta degli ambienti e la casa stessa ci mostrano, coi loro cambiamenti, di star viaggiando nel tempo.

Sicuramente sto dicendo una cosa che di solito si dà per scontata, eppure pensiamo a quanti risvolti positivi vi possono essere nel soffermarsi un po' più spesso nel "sentire" il flusso della vita che scorre. Senza cadere in nostalgie o timori per il futuro.

Semplicemente sentire la magia del "fluire" dell'esistenza, respiro compreso.

venerdì 13 gennaio 2012

Buon fine settimana con Lucio Dalla in "L'anno che verrà"

Visto che il nuovo anno è ancora tutto davanti a noi rinnovo il mio augurio con questo brano stupendo, ancora attualissimo...come se fosse stato scritto ieri dalla penna del bravo Lucio.

Buon fine settimana.




sabato 7 gennaio 2012