lunedì 14 settembre 2009

LA DIFFERENZA E IL POPOLO DEGLI "IO" DENTRO DI NOI



Riflettevo sui concetti esposti in questo post: http://www.francescoamato.com/blog/2009/09/12/tecnologia-interiore-errore-e-differenza-la-concezione-emotiva-impedisce-la-crescita/ dove, tra l'altro, l’autore parla anche della “differenza”. Le sue parole, collegate ad altre lette sull’Ultimo Segreto e su Frammenti di un insegnamento sconosciuto, mi hanno offerto una nuova prospettiva (che è pane per i Ricercatori).

La ricerca della Differenza la si può applicare a tutto, ma spesso dirigiamo la nostra “ricerca” della Differenza solo su oggetti (o eventi) esterni a noi. Raramente ci sforziamo di vedere la Differenza dentro di noi. Cogliendola nell’attimo stesso in cui si manifesta, cioè in quell’istante fugace in cui “subiamo” un leggero (ma a volte anche brusco) cambiamento di umore o di personalità.

A questo punto è doveroso ricordare (ai Ricercatori), o a rendere noto (a coloro che non hanno dimestichezza con questi concetti) che noi non siamo uno: in noi convive una moltitudine di “io”. Ogni volta che diciamo “io voglio”, ogni volta che desideriamo, che accettiamo o rifiutiamo qualcosa, un “io” diverso sta facendo capolino e assumendo il controllo della situazione.

Gli “io”: frammenti di personalità. Ma noi (noi chi?) non ce ne accorgiamo, non notiamo la “differenza”. Un cambiamento repentino è avvenuto nel nostro umore, nel comportamento e via dicendo, ma ciò non giunge alla consapevolezza generale. Come mai avviene ciò?


La risposta che viene data nelle Scuole di Ricerca Interiore è duplice: da un lato ciò è dovuto alla estraneità di un “io” nei confronti di un altro “io” (l’io che ama abbuffarsi fino a scoppiare non ne sà nulla di quello che vuole mettersi a dieta: semplicemente si ignorano). Questo perché esistono dei veri e propri “compartimenti stagni” che separano i frammenti della nostra personalità.

Per fare un esempio proviamo ad immaginare le cellette di un alveare e le sottili pellicole che le separano. La seconda soluzione dell’enigma l’ho appena nominata: cioè sono i compartimenti stagni, le pellicole divisorie tra un io e l’altro, quelli che Gurdjieff definiva “ammortizzatori”. Si tratta, in pratica, di sottili “meccanismi” psicologici (che ognuno di noi ha perfezionato più o meno bene) che ci impediscono di vedere i “lati” della nostra personalità di cui non vogliamo diventare consapevoli. Servono appunto ad “attutire” gli “scossoni” dovuti al passaggio tra i diversi scompartimenti della nostra personalità.
Per comprendere meglio torniamo ai due “io” su accennati: non riusciremmo più a vivere tranquilli se l’io che vuole stare a dieta sapesse che la colpa è di “quell’altro io” che invece porta il corpo fino al collasso (meglio non saperne nulla). Ecco! Per non ammattire, per stare in “pace” con noi stessi abbiamo imparato sin da bambini ad ignorare i “lati oscuri” della nostra personalità (infatti quando vi è luce, consapevolezza in una celletta - in un “io” -, tutte le altre cellette sono all’oscuro). Ma così facendo rimaniamo frammentati all’interno, non in “unità”.

Osservate da questo punto di vista le “crisi” interiori sono delle vere e proprie benedizioni, perché possono divenire occasioni favorevoli per partire alla “ricerca” di noi stessi, divenire più consapevoli della “totalità”, fare luce su tutte le cellette e lavorare per stabilire un “Centro direttivo”. Invece cosa facciamo? Ci affrettiamo a trovare i rimedi per tornare alla “normalità” (come entrare in psicanalisi), per ritrovare la pace. Ma la “vera pace” è ben altra cosa.

Le soluzioni e le tecniche di Fisica Interiore per divenire consapevoli (tra cui le tre osservazioni) e partire alla “conquista” dell’unità, di un forte “io sono”, sono appunto una delle prerogative delle Scuole suddette.

Ma questa è un’altra storia e…è ovvio che senza una Guida c’è poco da fare.

Nessun commento:

Posta un commento