domenica 18 aprile 2010

RACCONTO - LA PROVA DEL DESERTO




Alcune pagine dal mio libro "Il sogno nel bosco".

Buona lettura.


LA PROVA DEL DESERTO

Tornando nel bosco, presso la dimora del Maestro, ero convinto di avere ormai sondato tutte le profondità del mio essere. Quanto mi sbagliavo!

Appena pochi giorni dopo il mio arrivo Abadam una sera mi disse, quasi distrattamente, che mi attendeva ancora una esperienza significativa.

In un primo momento rimasi quasi interdetto: “Ma come, pensai, ho viaggiato anni in cerca delle risposte ai quesiti che mi tormentavano. Sono stato con te così tanti anni nutrendomi di ogni briciola di sapere che gentilmente mi hai offerto. Ho appreso cose meravigliose da Leto e, penso di amare la vita senza più alcuna pretesa. Che altro mi manca da sperimentare?”

Il Maestro sembrava leggere i miei pensieri, o forse semplicemente sapeva bene che vi era ancora un velo davanti ai miei occhi, e mi guardava con un affetto infinito. – Riposati – mi disse come se parlasse ad un bambino – domani partiremo per un luogo distante un giorno di cammino. –

Inutilmente tentai di cavargli qualcosa di bocca. Conoscevo bene quella sua espressione seria, quando la assumeva di solito mi attendeva qualcosa di poco piacevole. Ma lui fu irremovibile. In quel momento mi sembrava molto distante.

Così non mi rimase altro che ritirarmi nella mia stanza. Ma non riuscii a chiudere occhio per tutta la notte. Uno strano presentimento mi diceva che stavo per vivere qualcosa di molto forte, di molto intenso. Sentivo come una forte carica elettrica attraversare tutto il mio essere, facendomi vibrare fin nel profondo.

Il mattino dopo, di buon’ora, eravamo già uno di fronte all’altro, in cucina, e mangiavamo in silenzio. Dio quanto mi pesava quel silenzio.
Dopo la colazione Abadam mi disse di preparare un semplice fagotto con le mie cose, perché sarei stato via per un po’ di tempo. Pochi indumenti, giusto l’indispensabile per “sopravvivere” alcune settimane.
In men che non si dica ero pronto per la partenza. I cavalli erano già sellati. Montammo e ci incamminammo attraverso stretti sentieri.

Io seguivo la mia vecchia guida assaporando le belle impressioni che mi giungevano dalla vegetazione circostante. Forti odori di muschio e di sottobosco si mischiavano all’odore dei cavalli e ai versi degli uccelli. L’aria era fresca e frizzante e i raggi di sole che filtravano dalle cime degli alberi, come lame di luce, mi parevano un presagio favorevole.

Durante il viaggio non pensai più a cosa mi attendeva. Semplicemente seguivo Abadam seduto sul mio cavallo, sicuro che quell’uomo mai mi avrebbe tradito. Anche se scherzi da prete me ne aveva fatti tantissimi, in definitiva riconoscevo che ogni volta mi aveva dato l’occasione per comprendere qualcosa in più della vita e di me stesso.

Verso il tramonto uscimmo dalla vegetazione e scoprii, con mia grande sorpresa che il bosco, in quella direzione che non avevo mai esplorato, confinava con un deserto. Si trattava di un deserto di pietre e terra dura che si estendeva a perdita d’occhio. Davanti a me non vedevo alcuna traccia di vegetazione.

Incredulo mi rigiravo spesso a contemplare le cime degli alberi che ci lasciavamo dietro e che, man mano, divenivano sempre più distanti.
Intanto stava sopraggiungendo il crepuscolo e nel blu intenso del cielo cominciò a fare la sua comparsa qualche piccola, lucente stella.

Abadam rallentò il passo e lasciò che il suo cavallo si affiancasse al mio. Sembrava di buon umore e finalmente, dopo una giornata di silenzio, cominciò a parlare. Mi diceva soprattutto cose scherzose, aneddoti divertenti, facendo risuonare il deserto circostante delle nostre risate.




Quanto mi piaceva quell’uomo. Era uno scrigno senza fondo di vivacità e voglia di vivere. Quando poi era dell’umore giusto la sua ilarità era veramente contagiosa. Non ho mai riso tanto come con lui. Sapeva intrattenere intere comitive di ospiti tenendo sempre il tono della conversazione al massimo del godimento.
Questa sembrava una di quelle volte e io ero semplicemente felice di stare lì con lui.

Anche se ogni tanto faceva capolino, nella mia mente, il forte contrasto tra il suo umore allegro del momento con la gravità della sera precedente, la cosa non mi allarmò più di tanto. Abadam era un uomo profondo e leggero allo stesso tempo e poteva passare dalla più assoluta serietà ad una giocosità quasi infantile.

Ben presto giunse la notte ed il Maestro consigliò di accamparci. Disse che la nostra destinazione era ancora molto distante, quindi era meglio fermarsi per riprendere il cammino freschi e riposati.

Stendemmo le nostre coperte sulla nuda terra ancora ridendo delle vicende che il mio compagno rievocava in modo così colorito…finché non scivolammo dolcemente, a notte fonda, in un calmo silenzio.

Abadam mi augurò la buona notte e si voltò su un fianco per riposare, mentre io rimasi ancora sveglio, a faccia in sù, a contemplare quel magnifico cielo stellato. Immerso nella contemplazione dell’infinito mistero che ci circondava scivolai dolcemente nel sonno.


Il mattino dopo ci svegliammo con le prime luci del giorno e riprendemmo subito il cammino. Dopo molto tempo eravamo ormai in pieno deserto. Non un’anima viva nel raggio di non so quanti chilometri. Niente di niente, neanche animali se non, presumo, piccoli animali del deserto: formiche, scorpioni…

Il sole era alto nel cielo e il suo calore impietoso era ossessivo ed assillante, non vi era posto in cui rifugiarsi per trovare un po’ di refrigerio. Sinceramente non vedevo l’ora di uscire da quell’inferno e non riuscivo a capire il perché di quell’attraversamento. Forse Abadam voleva ancora una volta mettere alla prova la mia capacità di resistenza alla fatica. Eppure sapeva bene che la fatica non mi spaventava quando avevo uno scopo da raggiungere. Più volte, in passato, mi aveva sottoposto a lunghe ore di pratiche ascetiche sotto il sole, la pioggia o la neve.

Ero ancora immerso in questi pensieri quando la mia guida mi disse a bruciapelo che eravamo arrivati. – Arrivati dove? – gli chiesi quasi incredulo. – Nel tuo luogo di soggiorno. – mi rispose secco. – Non è uno scherzo, vero? – gli dissi sforzandomi di farla apparire come una battuta.
Ti sembra che stia scherzando? – rispose amorevolmente l’uomo.

In effetti avevo subito capito che non stava scherzando, ma non mi era facile accettare la cosa.
- Ma perché? – gli chiesi quasi implorante – Cioè, intendo dire: qual è lo scopo? Perché dovrei fermarmi qui? A fare cosa poi?

Abadam scese da cavallo assicurando le briglie sotto un pesante masso. Anch’io scesi, ancora guardandolo interrogativamente. Il vecchio, asciugandosi il sudore dalla fronte, mi disse secco: - Ti ho mai detto in anticipo il perché di qualcosa che ti facevo fare? - - No! In effetti…è vero, non me l’hai mai detto…solo dopo ho capito. - - Appunto! Tu, anni fa, mi hai chiesto di voler arrivare fino in fondo nella Ricerca della Verità. Vuoi conoscere la vita, lo scopo della tua esistenza…vedi, tu hai un carattere eroico. Se non avessi saputo bene quanto sei forte e determinato non mi sarei mai sognato di condurti qui.

Fra non molto io partirò da qui, lasciandoti solo. Puoi anche rifiutarti, per carità…ti ho mai obbligato a fare qualcosa? - - No…se devo essere sincero no. –
- Bene. Perciò, se vuoi, puoi anche tornare indietro con me e…lasciarti dietro questa opportunità. Ma se decidi di restare sappi che dovrai rimanerci fino a quando non sarò io a mandarti a chiamare. Non lontano da qui, verso nord, vi sono alcune capanne abitate da anziani eremiti. Se proprio dovessi aver bisogno, ma solo in caso di estrema necessità, puoi rivolgerti a loro. Però è meglio non contare sull’aiuto di nessuno. Qui sarai solo, completamente solo, giorno e notte…oggi voglio fare un’eccezione e ti dirò qualcosa in anticipo. Fanne tesoro. Qui scoprirai cosa veramente vuol dire essere soli, essere l’unico essere umano. Qui tu toccherai l’uomo, l’unico uomo sulla terra.

Io ero allibito…

Abadam riprese: - Di tanto in tanto qualcuno ti porterà delle scorte di acqua e poco cibo. Sappine far tesoro e ringrazia. Vi sono stati uomini che hanno affrontato il deserto senza l’aiuto assoluto di nessuno.

L’eroe…ti dicevo che l’uomo, anche l’eroe, è disposto ad accettare tutto, qualunque sfida, qualunque prova, ma non la solitudine.

Dai a un eroe prove da affrontare: draghi da uccidere, eserciti di mostri contro cui combattere o, addirittura, scatenargli contro tutte le furie della natura e lui lo farà. Combatterà con tutte le sue forze incurante per la propria sopravvivenza. Ma digli di combattere contro se stesso, rinunciando anche al suo “essere eroe” lasciandolo solo, senza scopo per molto, molto tempo…per un tempo indeterminato…solo con se stesso, e vedrai crollare anche i più grandi eroi. Perché la solitudine spaventa anche gli eroi.

Eppure senza la prova della solitudine, dell’apparente vuoto e inutilità del proprio esistere, non si potrà comprendere mai, profondamente intendo, la bellezza dell’essere vivi.

E bisogna bere questo calice amaro fino in fondo. Arrivare a sentirsi l’unico sopravvissuto sulla terra. Solo…senza speranza di compagnia.

Allora, quando sarai arrivato in fondo al buio della solitudine una luce nuova si farà strada dentro di te. Toccherai l’archetipo umano. Il primo, unico uomo. Che poi è tutti gli uomini.

E le parole servono ben poco a questo fine. Questa esperienza deve essere un assoluto, cioè senza via di scampo.

Ora, amico mio, è giunto il tempo di lasciarci. Qui, ora, non ti serve altro che la tua sete di verità, tutto il resto te lo offre la vita che ti circonda. Buona fortuna amico mio
. –

Abadam mi abbracciò a lungo, come non aveva mai fatto, mentre io volevo urlargli di non lasciarmi lì da solo. Ma sapevo bene che se lo avessi fatto avrei spezzato il forte legame di maestro e discepolo che ci univa. L’avrei tradito, dimostrando così che non ero disposto a dare tutto, fino in fondo, per la Ricerca della Verità.

Allora, fu allora, che in cuor mio decisi solennemente che non mi sarei mosso da quel luogo per nessun motivo al mondo. Decisi di affrontare questa prova terrificante, fosse stata l’ultima cosa che facevo nella mia vita. Sentivo di volerlo fare per lui, per me…per la Verità.

Asciugandomi le lacrime che mi solcavano il volto il Maestro mi baciò sulla fronte e, senza più dire una parola, si allontanò con i cavalli, portando via con sé i miei ultimi attaccamenti al mondo e alla mia falsa immagine.



Nessun commento:

Posta un commento