mercoledì 29 luglio 2009

DESIDERIO: IL RIFLESSO INFERIORE DELL'AMORE



Con questo post intendo chiudere questo argomento, perché di vasta portata (ed anche perché non credo di essere all'altezza di un compito così arduo). Chi volesse approfondire può consultare i mirabili lavori di Arthur E. Powell: Il doppio eterico, Il corpo Astrale, Il corpo Mentale, Il corpo Causale e Il sistema solare.

UNA DEFINIZIONE DI KAMA (dal Corpo Causale)
...gli Indù hanno rappresentato il Dio del desiderio (KAMADEVA) come l'impulso alla manifestazione. Kama significa (RG. veda, X, 129) "la personificazione di quella sensazione che conduce e spinge alla creazione".
E' il primo movimento che spinge l'Uno a creare, dopo la sua manifestazione dal Principio puramente astratto (Dottrina Segreta).
Kama è quindi essenzialmente brama di una esistenza sensibile, esistenza di sensazioni vive, di vita agitata e passionale (una necessità evolutiva, quindi, altrimenti tutto resterebbe inerte, statico; ma è solo una fase di passaggio)...
...Finché non si è raggiunta la realizzazione del Brahman occorre la presenza di Trishna (la sete di vivere esperienze esterne a se stessi).
Questa "sete", col tempo, arricchisce l'essere di esperienza e conoscenza (pur tra mille travagli e conflitti interiori, perché Kama è sempre associato a Manas, la Mente inferiore) e si trasforma in "aspirazione" del "frammento" che cerca l'intero a cui da sempre appartiene...
...Il Kama, Desiderio, è anche il riflesso inferiore dell'amore divino...il desiderio è l'aspetto dell'amore rivolto all'esterno, amore delle cose apparteneti ai tre mondi, mentre il "vero amore" è amore di vita, o del divino, ed appartiene al sé superiore o Sé rivolto all'interno...


Il desiderio, io credo, è quindi "la voce dell'essere"; il desiderio è la sua "linea guida nei piani inferiori" che lo porta a sperimentare l'esistenza secondo i propri gusti e le proprie necessità evolutive, anche a rischio di sbagliare.
Il desiderio non va' abbandonato forzatamente. Al contrario, va' capito e soddisfatto (quando possibile e naturalmente nel rispetto degli altri). Il desiderio, quando cessa, lo fa spontaneamente.
Uccidere i desideri equivale a fermare la propria evoluzione, il proprio cammino. E se, come dice Raimon Panikkar: "non esiste un cammino, il cammino è creato dal nostro camminare..." allora come facciamo a sapere dove mettere i nostri passi (prima che la saggezza e la volontà facciano il loro ingresso) se non "seguendo" i nostri desideri?
L'uomo esperto nel "sentire" la propria "voce interiore" impara a comprendere i propri desideri (non quelli degli altri). Soddisfacendo i propri desideri, col tempo, vede trasformare questi desideri in "aspirazioni", la più elevata delle quali credo sia l'aspirazione all'unità e al bene comune.
Un'ultima cosa: il desiderio sa' aspettare, non vive di "impellenze", al contrario dei bisogni e dei capricci.




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