martedì 12 maggio 2009

Exercitium: Coltivare se stessi



Credo che la sostanziale differenza tra l'uomo comune e un uomo (o una donna) che si possa definire "in cammino" risieda soprattutto nel fatto che il primo non è consapevole della propria disarmonia (sia in se stesso che con l'ambiente circostante), mentre il secondo ne è divenuto (anche se in parte) consapevole.
Questa "presa di coscienza" del secondo tipo di uomo può fungere da stimolo alla Ricerca, sia delle Leggi che regolano l'esistenza umana, sia dei "metodi" che portano a ristabilire un "naturale" modo di vivere, una armonia in se stessi e col mondo circostante.
L'uomo non nasce perfettto, ma ha bisogno di "coltivare se stesso" per divenire tale. Inutile dire che qui si parla non di una perfezione "statica, immobile", quanto piuttosto della difficile arte dell'equilibrio dinamico tra differenti campi di forze.

L'uomo, trovandosi tra il Cielo e la Terra, è portato ad essere attratto ora dall'uno ora dall'altra, perdendo costantemente il "centro". E' interessante notare come alle persone particolarmente sbilanciate "in alto" manchi un senso di praticità, di stabilità, di saldezza. Queste sembrano quasi "galleggiare" prive di fondamenta, distaccate dalla realtà e prive di un senso dell'io. Le seconde, al contrario, sono troppo materialiste, troppo precise, puntigliose, rigide, eccessivamente strutturate e centrate in se stesse. Le prime appaiono come "sensa spina dorsale". Le seconde eccessivamente rigide. Le prime troppo aperte, le seconde eccessivamente chiuse.


Nella maggior parte delle persone, in definitiva, manca un "centro" stabile che impedisca di "cadere" costantemente in uno dei due campi di forza. Questo "centro", in Giappone, è chiamato Hara (leggete al riguardo: "Hara. Il centro vitale dell'uomo secondo le Zen, ed. Mediterranee, K. Von Durckheim") ed è situato nel nostro "naturale" centro di equilibrio: il ventre. Il suo equivalente cinese è il Dantien (le pratiche centrate sul Dantien sono di fondamentale importanza nel Tai chi chuan).
Da qui l'importanza dellExercitium, della Pratica. Di quell'addestramento, cioé, che ci consente di situarci in una "sfera energetica e di consapevolezza" che, pur agendo nel mondo non ne è costantemente preda.
Naturalmente "la pratica" non riguarda solo il tempo che dedichiamo alla disciplina scelta, ma deve entrare a far parte di ogni momento della giornata, di ogni azione, in un continuo "coltivare se stessi". Per fare ciò è indispensabile dedicarsi contemporaneamente "all'arte della Presenza".

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