giovedì 10 novembre 2011

La pratica della Consapevolezza


E' molto difficile parlare della consapevolezza come pratica di vita (e nella vita).

E' difficile non perché manchino le parole, ma soprattutto perché, in genere, l'interlocutore (o il lettore) pensa di essere già consapevole.

Perché dunque - si chiede - questa assurdità della pratica della consapevolezza?

In parte (ma solo in parte) egli non ha tutti i torti. Ognuno di noi, nei vari momenti della giornata, è sicuramente consapevole di qualcosa.

Ma di cosa?

Ciò che chiamiamo "consapevolezza", mettiamo di un giorno di pioggia, non potrebbe essere invece la risultante "soggettiva" dell'incontro di "qualcosa" (in questo caso il reale fenomeno atmosferico) che sta avvenendo effettivamente + "qualcos'altro", depositato nella nostra mente, rappresentato dall'idea che ci siamo fatti della pioggia?

Quindi il grafico risultante, del tutto soggettivo (e illusorio), potrebbe essere questo:

pioggia reale+
idea della pioggia=
ciò che crediamo di percepire realmente.

In tutto questo processo, dov'è mai la "vera" pioggia?

Finché la mente non se ne starà zitta, senza interferire continuamente (e automaticamente), avremo sempre molta difficoltà nell'afferrare l'Attimo Fuggente.

Ma non finisce qui.

Se poi questa mattina ci siamo alzati col "piede storto" perché ci si è allagato il bagno, l'ultima cosa che vorremmo vedere è proprio l'acqua. Perciò vedremo una giornata di pioggia "colorata" dalle nostre emozioni "negative" nei confronti della pioggia.

A ben osservare tra noi e i fenomeni esterni c'è sempre il "filtro" della mente e di un emotivo condizionato da paure ed esperienze negative passate.

Ecco che, per accedere a istanti di consapevolezza pulita, nitida, si rivela necessario interrompere il continuo giudizio "a priori".

Liberarsi dal pre-concetto.

Allenandosi così a vivere in modo sempre fresco e nuovo la miriade di esperienze che la vita ci offre.

Sentire il caldo, il freddo, un raggio di sole, una goccia di pioggia, una carezza, un sorriso...come fosse la prima volta che lo sperimentiamo.

Anzi, ad essere più corretti: E' SEMPRE LA PRIMA VOLTA.

La pratica della Consapevolezza richiede pertanto costante "attenzione" e "presenza" a qualunque cosa si vive, in modo da limitare al minimo l'interferenza della mente, col suo carico del vecchio, del conosciuto, dell'ho già visto e sentito...

Per arrivare a "vedere" la continua ri-generazione dell'istante sempre nuovo e fresco occorre essere attenti a tutto ciò che si muove (e a Ciò che non si muove), fuori e dentro di noi.

Senza aspettative né chiusura.

E vivere il più possibile con "occhi freschi" questa magnifica avventura che è la nostra vita.

Vi sono molti metodi per far tacere la mente. Uno di questi è generare volontariamente delle situazioni nuove, interrompendo il flusso delle abitudini.

Ma occorre un lavoro di Scuola per questo...

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