giovedì 9 febbraio 2012

La fortezza del nulla (seguito dell'episodio II - Il Matto)


Nato come un breve racconto "La fortezza del nulla" si sta trasformando in un libro.

Questo libro parlerà di un viaggio "iniziatico" attraverso la simbologia dei 22 arcani dei tarocchi.

Buona lettura



IL RITORNO ALLA CASA DEL MAESTRO

Stimolato da un lungo periodo vissuto all’insegna di un’attenzione costante a tutti i particolari (anche se in modo anomalo) decisi di far ritorno dal maestro camminando all’indietro, col volto rivolto verso l’amico che avevo lasciato in quel villaggio sperduto, perché non volevo lasciarmelo “alle spalle”.

Attraversai in quel modo foreste, montagne e fiumi: sempre camminando all’indietro.

Dopo molti giorni di cammino arrivai sporco e trasandato alla dimora del maestro.

Inoltrandomi nel grazioso giardino che circondava la sua casa di periferia, mi resi conto che il maestro si stava intrattenendo con alcune persone, di entrambi i sessi, in quella che sembrava una profonda discussione.

Il mio arrivo non passò inosservato ai presenti - in realtà persone che non avevo mai visto prima - e tutti mi guardavano incuriositi. Poi il mio sguardo si posò sul volto del maestro. Mi resi conto, in quel momento, che mi stava squadrando da capo a piedi con aria molto seria.

Dopo avermi abbracciato calorosamente e presentato ai suoi ospiti, il vecchio si scusò con loro per il mio aspetto poco presentabile, e li pregò di attenderlo per alcuni minuti.

L’uomo, presomi sotto braccio e accompagnandomi in casa, mi diede tutto l’occorrente per fare una toilette e rimettermi in forma. Poi, fermandosi e guardandomi intensamente mi disse: - Il ricercatore non è un tipo strano, né bizzarro! – Ma, maestro – dissi non credendo alle mie orecchie – sei stato tu a mettermi in questa condizione - - E’ vero, e sta sempre a me metterti sulla giusta strada per trovare il giusto modo di vivere la difficile via della ricerca. Ma ricorda che il ricercatore è una persona equilibrata...un bravo cittadino. Ora scusami, amico mio - mi disse congedandosi – ci vediamo dopo. Tu, intanto, mettiti comodo, riposa, mangia, leggi, fa ciò che vuoi. Sai che qui sei come a casa tua. A proposito: sono felice di rivederti…poi mi racconti…-.

L’uomo mi lasciò, così, senza aggiungere altro, dopo avermi immerso in un mare di dubbi.

Alcune ore dopo, era ormai sera, il maestro rientrò in casa. Venutomi di nuovo ad abbracciare mi condusse in cucina e, mentre ci davamo da fare nel preparare la cena, volle sapere tutto, ma proprio tutto quello che era accaduto col Matto.

Ora non era più serio e non la finiva più di ridere nel ricordare in quale strano modo avevo fatto ritorno da lui. – Ma…hai visto che faccia hanno fatto i miei ospiti? Insomma: ti sembra il modo di presentarsi in società? – E ancora risate…

Dopo alcuni giorni trascorsi a raccontargli ogni sorta di episodio buffo e divertente, una sera il mio ospite mi fece sedere di fronte a lui, a lume di candela, e iniziò una lunga spiegazione sulla “follia”.

- Vedi – mi disse – il Matto è pieno di arcane simbologie. Innanzitutto possiamo dire, se vogliamo vederla in termini numerici, che il matto rappresenta lo zero, cioè la “condizione” prima - o ultima, il che è la stessa cosa - di tutto ciò che esiste in termini di “ordine”. Il Matto è l'Assoluto, senza centro né periferia. Nessun punto di riferimento, insomma.

Nello zero nulla è, eppure esso contiene tutto, in “potenza”. Ma in modo disordinato, caotico. E…fa’ attenzione: qui lo zero non rappresenta il nulla, ma l’infinito, l’assoluto che non può essere conosciuto, né tantomeno misurato. L’infinito, in effetti, non è di nostra competenza, chi cerca di sondarne le profondità rischia di perdere la ragione. Per questo il “ricercatore” ha estremamente bisogno di una “base” solida su cui poggiare. –

L’uomo fece una pausa e osservò attentamente lo stupore che si era dipinto sul mio volto, il volto di un uomo che aveva passato dei mesi a vivere come un folle, assieme ad uno che "giocava" a fare il matto, solo perché “lui” glielo aveva chiesto.

- Ohh! Capisco! – disse sorridendomi dolcemente - parendo indovinare la mia angoscia nel sentirmi dire, ora, che occorre una base d’appoggio su cui fondare la ricerca. Ma non era stato lui, tempo addietro, a dirmi che il ricercatore deve “danzare nell’incertezza”? Perché, allora, mi ha spedito a “studiare” con un pazzo? - Capisco, amico mio, il dilemma che ti affligge in questo momento. – Io abbassai il capo. – E se ti dicessi che l’ho fatto apposta? – mi disse con ancor più dolcezza.

- Apposta? – chiesi incredulo – e perché mai?

- Vedi…ormai dovresti saperlo bene…quello che fa un maestro è difficile da comprendere nella sua interezza. Ogni cosa che ci dice, ogni esperienza che ci fa vivere, serve sempre a farci raggiungere più obiettivi contemporaneamente. Anche in questo caso l’obiettivo è multiplo...Te ne dico alcuni. – Io lo ascoltavo attentamente.

- Innanzitutto - continuò - ti ho fatto fare questa esperienza perché ti serva da monito per rimanere umile. Ti sei incamminato sulla via del "sapere" e del "potere", senza umiltà e semplicità rischi di diventare l'opposto di ciò che vorresti essere: un aiuto per i tuoi simili. Inoltre l'umiltà è necessaria nel rapportarsi nel "giusto modo" con Ciò che è infinitamente più grande di te e che, nonostante tutti i tuoi sforzi, non capirai mai completamente. -

Io ascoltavo col massimo dell'attenzione.

- Ma andiamo avanti. Dovresti ormai aver capito bene che il folle è colui che rappresenta al massimo grado il concetto di "danzare nell'incertezza". E questo si ricollega a ciò di cui ti stavo parlando, l'Assoluto, intendo, più un'altro "fattore": la mutevolezza, l'insostanzialità di tutte le forme e tutti i fenomeni.

Andiamo avanti: questa esperienza, è stata un monito per salvaguardarti dalla follia nella quale può deviare la mente del ricercatore poco accorto. Vedi…quando sei arrivato qui da me ti sei definito un “ricercatore di verità”. In realtà non lo eri e non lo sei ancora. -

Io mi sentii sgomento a quest'ultima affermazione. Ma mi sforzai di non mostrarlo all'esterno.

- Eri solo un uomo che sentiva che c’era qualcosa di importante da scoprire su te stesso e sulla vita - continuò - ti sentivi deluso da tutto ciò che avevi ricevuto dall’educazione familiare e sociale, e sentivi un sincero anelito a capire di più. Ma non stavi ancora ricercando, né sapevi "cosa" ricercare. E non lo sai tutt'ora. Vagavi, e vaghi, semplicemente alla ricerca di qualcuno che ti ispirasse fiducia…di un saggio che ti desse un senso di protezione o delle chiare indicazioni da seguire.

Ma questa non è ancora “ricerca”. La ricerca comincia quando sei tu ad osservare, tu, in prima persona, con la tua intelligenza, con la tua ragione, col tuo sentire…con tutto il tuo essere e con tutto il tuo corpo. La ricerca inizia quando hai stabilito un "centro permanente" in te in grado di "scegliere" e di "decidere" autonomamente. -

Io annui. Mi sembrava di cominciare a capire. – Sì – dissi – ma che centra il matto? –

- Avevi bisogno di “destrutturarti”. Destrutturare tutte le tue abitudini e convinzioni…i condizionamenti acquisiti in tutta la tua vita. E avevi bisogno di farlo veramente, praticamente, in modo forte e incisivo. Sarebbe stato un lavoro inutile farlo solo teoricamente. Il ricercatore deve cercare e volere un vero, reale, cambiamento. E poi, come ti dicevo, la follia…il Matto...–

L’uomo fece una pausa e mi versò da bere del vino rosso in un calice di cristallo. Mentre me lo porgeva notai i suoi occhi scintillanti. Poi riempì un bicchiere anche per sé, brindammo, lui riprese a parlare.

- Non pensare, sai, che l’addestramento che hai ricevuto tu sia destinato a tutti gli “aspiranti” ricercatori. Di solito il “metodo” è più morbido...graduale. Diciamo che in te ho visto una grande forza interiore, una buona dose di volontà e di "sopportazione"…così ho pensato di forzare un po’ la mano. Non ti dispiace vero? – E questa battuta se la poteva anche risparmiare…

- Pensi sia giunto il momento di spiegarmi il significato del mantra “Io sono?” – gli chiesi quasi distrattamente.

- Come ti dicevo – continuò – la vera “ricerca” inizia col cominciare a “ristrutturare” se stessi consapevolmente, con conoscenza. Perciò penso che sia ancora prematura la spiegazione del mantra. -

L'uomo rimase pensieroso per un po'.

- Sai cosa penso, invece, che ti farebbe bene, amico mio? – disse.

- No! Cosa? – risposi incuriosito.

- Stavo pensando ad un mio brillante discepolo. Attualmente svolge il “lavoro” di Prestigiatore in una città non molto distante da qui. –

A queste parole sentii un senso di allarme. Il cuore cominciò a battermi nel petto e sentii una morsa alla bocca dello stomaco. - Ancora una partenza? Nooo!!! -

- Dai, non fare quella faccia – disse il maestro – ormai dovresti aver capito che…il bello della ricerca è proprio la ricerca…-

- Ho capito – dissi sconfitto – e quando si parte? –

- Io ti consiglierei domattina di buon’ora – disse il vecchio – sai, i prestigiatori si spostano continuamente. Perciò ti conviene agganciarlo subito. Lui ti spiegherà qualcosa in più sulla ricerca, sulla follia, sul vuoto e sulla “base solida” di cui abbiamo iniziato a parlare questa sera. Ma…quando lo incontrerai non farti ingannare dalla sua giovane età. Ora che ne dici di una buona partita a scacchi? –

- Volentieri – risposi rilassandomi.

- Bianchi o neri? – mi chiese il mio amico.

- Bianchi! – risposi pronto.

- A te la prima mossa, allora. – disse il maestro accompagnandomi al tavolo da gioco.


Continua.

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