mercoledì 11 agosto 2010

Il libro del mese: la Bhagavad-gita


Scritto alcune migliaia di anni fa (ma sempre valido ed attuale, soprattutto per noi occidentali) questo capolavoro assoluto della letteratura mondiale può essere utile a chi cerca risposte sul proprio esistere e su come agire nella vita, ma non solo.


Infatti questo testo poliedrico può soddisfare le esigenze di politici, sociologi, psicologi, filosofi, praticanti di yoga, ricercatori di verità, ma anche uomini e donne indecisi su come agire.


La versione della Bhagavad-gita che vi propongo è quella delle edizioni Ashram Vidya, curata da Raphael.


La Bhagavad-gita fa parte del vasto poema epico Mahabharata, precisamente il VI libro (Bishma-parvan) ed è composto da 700 versi in sanscrito con traduzione e spiegazione in italiano.

Chi parla è Krishna, il quale offre risposte al suo discepolo Arjuna che è indeciso sul da farsi all'inizio di una guerra che si prevede sanguinosa e cruenta.


Leggo dal retro di copertina:


"...Il valore della Gita è enorme se si pensa che è imperniata sull'azione, quell'azione che è alla base della vita e alla quale nessuno può sottrarsi o rinunciare. Essa svela il segreto dell'agire senza agire in un mondo compenetrato di movimento e di conflitto.
Sotto questa prospettiva può essere di fondamentale importanza per gli Occidentali che sono essenzialmente più per l'azione che per la contemplazione".


Alcuni versi:


Tranquillità, controllo di sé, austerità, tolleranza e rettitudine, saggezza, conoscenza distintiva, pietà sono qualità inerenti alla vita del brahmana (sacerdote) e traggono origine dalla sua stessa natura.


L'eroismo, il vigore, la fermezza, l'abilità e il non fuggire in battaglia, la generosità, la capacità di comando sono attributi inerenti all'agire dello kshatriya (guerriero e amministratore) e nascono dalle caratteristiche essenziali che gli sono proprie.


L'agricoltura, l'aver cura del bestiame, il commercio sono le qualità inerenti all'agire del vaishya e nascono dalla sua propria natura. L'operare del shudra, inerente alla sua natura, consiste nel servire.


Chi si trova ad aver piacere nel proprio lavoro raggiunge la perfezione....


(cap. XVIII, versi 42, 43, 44, 45)


Vorrei aggiungere una considerazione su un fattore secondo me di vitale importanza da comprendere. Precisamente vorrei portare l'attenzione sul continuo ripetere, da parte di Krishna in questi versi, che ognuno deve operare secondo la propria natura. Se agisce secondo la propria natura allora l'uomo trova piena soddisfazione e, col tempo, raggiunge la perfezione.


Da qui si capisce l'importanza che tutte le antiche Vie hanno dato alla ricerca della propria natura, la quale si rivela sin dai primi anni di vita come inclinazione.


Infatti, a ben osservare, i bimbi mostrano subito personali inclinazioni fisiche, emotive, intellettive. C'è il bimbo che mostra piacere nel servire gli altri, quello più combattivo o più adatto a lavori manuali, quello più incline per lo studio e la contemplazione...
Solo che molto presto vengono "obbligati" a seguire altri percorsi di sviluppo.


Penso che una delle principali ragioni del caos in cui viviamo sia dovuto al fatto che moltissime persone "occupano" ruoli che non gli appartengono. In poche parole molti uomini e donne non sono in sintonia con la propria natura o inclinazione.


Vi sono medici che sarebbero stati degli ottimi agricoltori, politici che avrebbero potuto allevare con successo il bestiame, preti che sarebbero stato bravi carpentieri e via discorrendo.


Questa non vuol essere un'offesa a qualcuno ma solo un motivo di riflessione.
Ognuno di noi si chieda se è soddisfatto del proprio lavoro. Chiediamocelo sinceramente. Se la risposta è no allora troviamo in noi stessi il coraggio di cambiare lavoro, finché non avremo trovato quello che ci soddisfa pienamente.

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