venerdì 23 dicembre 2011

I Fiori di Kama - L'Ardore



Per mia esperienza diretta posso dire di sperimentare che esiste una "forza", un "fuoco", all'origine di tutto ciò che viene all'esistenza.

Questo Fuoco, a livello universale (che poi include ogni minimo processo subatomico) scaturisce dalla "frizione" generata dal "desiderio creativo" di una vasta volontà "universale" (difficilmente percepibile da noi, se non nei suoi effetti) sulla "sostanza madre" primordiale.

La Volontà "originale" si ripercuote, come un'eco, nei nostri gesti quotidiani, così come in ogni processo istintivo e naturale. Solo che noi ne siamo inconsapevoli.

Comunque, a ben osservare, dobbiamo ammettere che questo "fuoco" è il fondamento stesso della vita, dei processi vitali biologici, di ogni pensiero. di ogni azione, di ogni desiderio...di ogni sacrificio (inteso come Sacro Ufficio).

Questo "fuoco", nei Veda, era definito Tapas, Ardore o Aspirazione Ardente. E si dice che Prajapati stesso (Colui da cui secondo i Veda tutto è stato creato, il Supremo Sé) abbia risvegliato in Sé l'Ardore, per ottemperare al suo "Sacrificio" della Creazione (Sacrificio ancora in atto).

Perciò, che ne siamo consapevoli o meno, l'Ardore pervade ogni processo vitale.

Tutto l'Universo è pervaso di ardore. E ogni azione, ogni processo, è un sacrificio (non nel senso negativo che gli è stato dato posteriormente, ma nel senso di "offerta" sacrificale, Sacro Ufficio).

Da questo punto di osservazione ogni nostra azione assume un carattere "sacro" (soprattutto se svolta con la giusta consapevolezza, col desiderio di "donare" e col desiderio di perfezionarsi).

Perciò, a mio modesto parere, per un buon andamento della società dovremmo essere animati da un desiderio di "offerta" di ogni nostra azione agli altri (o a "qualcosa" di più grande che ci contiene).

Ma è indispensabile imparare a rispettare l'altrui modo di "sacrificare", senza entrare in "collisione" con chi è diverso da noi. Armonia.

Ecco che allora anche il mangiare, il fare l'amore...lavorare, diventano azioni animate dall'Ardore, e allo stesso tempo "azioni sacrificali" che ognuno di noi dona, offre, a modo suo, come contributo all'andamento della vita sociale e universale.

Dopo questa mia scarna presentazione vi passo le pagine che seguiranno, che sono tratte da "L'Ardore", di Roberto Calasso, uno studio sui Veda (soprattutto il Rg Veda) e sui loro compendi: i Purana, i Brahmana e le Upanishad (a volte confrontati ad altre tradizioni occidentali). Un tentativo di capire il "perché" dell'ossessione dell'antica civiltà vedica per il ritualismo, il sacrificio, e delle connessioni tra i loro atti e lo sviluppo della prosperità, non solo del contesto sociale in cui erano inseriti, ma, addirittura, anche degli dèi e dell'intero universo. Per non parlare della ricerca del Piacere, della Verità e dell'immortalità.



Dal risvolto di copertina:

Qualcosa di immensamente remoto dall'oggi apparve più di tremila anni fa nell'India del Nord: il Veda, un "sapere" che comprendeva in sé tutto, dai granelli di sabbia sino ai confini dell'universo...

...Gli uomini vedici prestavano un'attenzione adamantina alla mente che li reggeva, mai disgiungibile da quell'Ardore da cui ritenevano si fosse sviluppato il mondo...

Una paginetta dal libro:

...L'attività da cui dipende e discende l'intera creazione è soltanto mentale. Ma di una specie che subito manifesta l'efficacia della mente su ciò che le è esterno.
E le propaggini dell'esterno sono, per la mente, l'interno del proprio corpo. Così si produce una combustione invisibile, un tepore progressivo, fino all'ardore che consegue all'operare della mente. E' il Tapas, ben noto agli sciamani siberiani, ignorato o clandestino nel pensiero occidentale.

...Ciò che agisce sul mondo, ciò che lo investe, è il Tapas, l'ardore interno alla mente. Senza di esso ogni gesto, ogni parola sono inerti. Il Tapas è la vampa che occultamente o in modo manifesto percorre il tutto.

Il sacrificio è l'occasione perché si incontrino e si congiungano quelle due modalità dell'ardore, visibile nel fuoco, invisibile nell'officiante.

Questa la massima approssimazione concessa, se si vuole nominare il dato più elusivo e inevitabile: la sensazione di essere vivi. Che ridotta alla sua essenza propriocettiva e termodinamica, è sensazione di qualcosa che sta bruciando, qualcosa che arde su un fuoco lento e costante.

...Perciò il sacrificio, in quanto atto del bruciare qualcosa, dovette apparire coma la più "precisa equivalenza" visibile di quello stato che è il fondamento della vita stessa.

L'ARDORE, ROBERTO CALASSO, ADELPHI EDIZIONI

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